VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA Fuori commercio
Nicola Zingarelli

VOCABOLARIO DELLA LINGUA ITALIANA

Compilato da Nicola Zingarelli. Nuovissima edizione interamente riveduta

Settima edizione, 17° ristampa

  • 1941
  • Note: Legato in balacron azzurro, impressioni blu e sovraccoperta. Anche rilegato in piena tela verde, impressioni pastello. In sovraccoperta: lettera (18 febbraio 1933) di complimenti da parte del Prefetto della Sacra Congregazione dei Seminari e delle Università degli Studi. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 17° ristampa". Dedica "A Benito Mussolini restauratore delle sorti d'Italia" - Ristampa ottobre 1942: 18° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 18° ristampa". Rilegato in piena tela verde, impressioni pastello. In sovraccoperta: lettera 18 febbraio 1933. - Ristampa stampa giugno 1943: 19° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 19° ristampa". Rilegato in balacron azzurro, impressioni blu. Senza dedica a Mussolini. - Ristampa aprile 1945: 21° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 21° ristampa". Rilegato in mezza tela bianca, impressioni pastello. In sovraccoperta: lettera 18 febbraio 1933. - Ristampa novembre 1947: 22° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 22° ristampa". Rilegato in tela bianca, impressioni pastello. - Ristampa marzo 1948: 23° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 23° ristampa". Rilegato in mezza tela bianca, impressioni pastello. - Ristampa novembre 1950: 28° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 28° ristampa". Rilegato in balacron marrone, impressioni pastello. - Ristampa luglio 1952: 32° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 32° ristampa". Rilegato in balacron marrone, impressioni pastello. - Ristampa giugno 1957: 40° ristampa. Frontespizio: "Vocabolario della lingua italiana compilato da Nicola Zingarelli, illustrato. Settima edizione interamente riveduta, 40° ristampa". Rilegato in tela rossa, impressioni pastello. Nicola Zingarelli nasce nel 1860 a Cerignola (Foggia), figlio di un sarto. Nel 1882 si laurea in Lettere discutendo con Francesco D'Ovidio una tesi su "Parole e forme nella Divina Commedia aliene dal dialetto fiorentino. A ventisette anni diventa insegnante di italiano nei Regi Ginnasi e Licei di Palermo, Campobasso, Ferrara, Napoli. Nel 1895 conosce a Bologna il Carducci. Nel 1897 consegue la libera docenza di Storia comparata delle letterature neolatine. Nel 1898 pubblica Dante per Vallardi. Nel 1916 occupa a Milano la cattedra universitaria di Lettere neolatine. Nel 1925 è nominato direttore di sezione (Letterature neolatine) dell'Enciclopedia Treccani. Nel 1932 l'Università di Milano festeggia il cinquantesimo anniversario della sua laurea. Zingarelli muore a Milano il 7 giugno 1935. Nel febbraio del 1913, su proposta degli editori milanesi Bietti e Reggiani, Zingarelli inizia a lavorare al Vocabolario della lingua italiana. Prende l'impegno di concludere dopo nove mesi. In realtà la prima edizione del vocabolario comincia a uscire soltanto quattro anni dopo, nel 1917, spezzata in fascicoli, e si conclude nel novembre del 1921 (a luglio la stesura è ferma alla voce 'sfollare'), con un editore che, fra l'iroso e il lacrimoso per il ritardo, gli scrive: "Abbiamo qui giacenti quaranta quintali di caratteri fatti appositamente, abbiamo già pronti una quantità di disegni, sono circa ventimila franchi di capitale immobilizzato". Subito dopo, nella primavera del 1922, esce la seconda edizione, questa volta compattata in volume. Questa e quelle immediatamente successive godono sì di un notevole successo di stima fra studiosi e docenti, ma non hanno uguale ricaduta sul piano della vendita. L'opera, propagandata con lo slogan "L'Italia moderna ha il suo vocabolario", nasceva realmente con dei criteri nuovi, rompendo con una tradizione di dizionari linguistici normativi e pedanti, e si poneva perciò a tutti gli effetti come il prodotto di una industria culturale nascente. Quali limiti di mercato e quali ostacoli incontrasse però un tipo di operazione come questa è appunto il problema. È solo con la quarta edizione, nel 1928, anno sesto dell'Era Fascista, che il vocabolario 'sfonda', non senza l'abile accorgimento di promozione politica; è infatti dedicata a Mussolini "restauratore delle sorti d'Italia", e di questi riporta sulla fascetta della copertina un lusinghiero giudizio. Paradossalmente, però, il successo dell'edizione del '28 non basta a salvare la precaria situazione della casa editrice che, anzi, precipita proprio per i terribili costi di revisione e/o rifacimento dell'opera nelle successive edizioni. Dopo varie traversie e tentativi di riorganizzazione aziendale la Bietti, gravemente indebitata, non è più in grado di garantire le pubblicazioni. La morte nel 1931 di Antonio Bietti reca il colpo definitivo. Nel 1941 il vocabolario è rilevato dalla Zanichelli. L'allora direttore editoriale di questa, Ezio Della Monica, ufficiale del Regio Esercito di stanza in Albania, rientrò in congedo a Bologna appositamente per sottoscrivere il relativo contratto di acquisto. (cfr. "Nicola Zingarelli, documenti e immagini", a cura di Luigi Reitani, sotto gli auspici della Amministrazione comunale di Cerignola, 1985). "Forse Bietti pensava che lo Zingarelli fosse un albero che non avrebbe dato più frutti; invece Della Monica, come il padre Macario dei "Promessi Sposi", ebbe fiducia nel suo futuro. Da allora il vocabolario è stato, nel catalogo della casa editrice, come un grande albero di noci; ha riparato dal sole e dalla pioggia, ha dato tante noci, che poi la Zanichelli, come il convento manzoniano, ha trasformato in olio, cioè in tanti libri, senza bisogno della questua di fra' Galdino. È stato, ed è ancora, un albero curato con rispetto ed amore." (FEDERICO ENRIQUES, amministratore delegato della casa editrice Zanichelli, da un intervento in occasione del cinquantenario della morte di Nicola Zingarelli, 1985). Il Vocabolario fu costantemente ritoccato, e aggiornato quasi a ogni ristampa. Dopo la caduta del fascismo anche quest'opera dovette essere 'bonificata' dagli accenni al regime. Nel 1946 il compito di aggiornamento del Vocabolario venne affidato a Giovani Balducci; Italo Zingarelli svolse funzioni di revisione e consulenza. "Se mi si ponesse il quesito della differenza che corre fra la compilazione di una enciclopedia e quella di un vocabolario, risponderei che per fare un'enciclopedia ci vuole un uomo capace di dirigere il lavoro di molti uomini senza che lui scriva un solo rigo, mentre per fare un vocabolario è necessario chi sappia far tutto da solo. Qualcuno potrà aiutare a ricopiare schede e a tenerle in ordine alfabetico, ma il buon vocabolario è il prodotto di un cervello e di una mano. Parlo per esperienza personale, avendo visto mio padre Nicola dedicare gli anni migliori della sua vita alla preparazione del Vocabolario della lingua italiana, oggi edito dalla Casa Zanichelli di Bologna, che ormai da sette lustri è il compagno e il consigliere di generazioni di studenti e di studiosi. Quando gli proposero di accingersi all'opera, mio padre, evidentemente non in chiaro sull'impegno che stava per assumere, rifletté ed esitò, ma alla fine firmò un contratto in piena regola obbligandosi a sbrigarsela in un anno: invece gliene occorsero dieci e nell'attesa gli editori tirarono il collo e fecero un po' il fiato grosso, tanto che ad un certo momento chiesero, ed ottennero, l'autorizzazione a vendere le dispense mano mano che erano pronte. Consideri il lettore che per allestire tecnicamente un vocabolario bisogna immobilizzare per anni un numero enorme di colonne di composizione tipografica in piombo, giacché sino a quando l'opera non è veramente finita esiste sempre la possibilità di riferimenti a precedenti lettere: il vocabolario di Nicola Zingarelli, superando le 1700 pagine, si compone di oltre 3440 colonne, per custodire le quali occorrono robusti scaffali e quindi spazio. Se però mi soffermo troppo sulla tecnica -e sul notevole finanziamento che essa implica- il mio discorso va troppo per le lunghe. Volevo invece raccontare che essendo mio padre professore ordinario dell'Università di Palermo, un certo giorno, nel 1913, ricevé la visita del signor Antonio Bietti, venuto da Milano, che gli fece la proposta di curare un vocabolario per la sua casa editrice. Mio padre ed io eravamo rimasti soli a Palermo, in una casa in via Goethe. Il genitore si diede a preparare ed a riempire schede, ma era un lavoro di Sisifo; perché mano mano che procedeva gli capitava di dovere aggiungere alle radici delle parole altre derivazioni, così le schede bisognava continuamente rifarle e munirle di fogli aggiuntivi; le schede venivano collocate in cassette che si riempivano a vista d'occhio e non so bene quante cassette ci siano volute. Contemporaneamente s'intensificava la corrispondenza con gli autorevoli tecnici che era indispensabile consultare. La guerra era già in corso quando mio padre, chiamato a quella che allora era l'Accademia scientifico-letteraria di Milano, non essendovi ancora l'Università, lasciò la Sicilia. Ho dimenticato di dire che egli insegnava storia comparata delle letterature neolatine e questo spiega la passione da lui riposta nel ricercare l'origine delle parole, pur avendo poi avvertito nella prefazione che anche quando si può essere sicuri dell'origine "non per questo l'etimologia diventa la cosa principale come sarebbe in un dizionario etimologico, bensì serve ad aiutare, e dare un'orientazione che altrimenti riesce piuttosto difficile". Etimologia a parte, egli volle tener presente il costante rinnovarsi e arricchirsi della lingua e partì dal concetto che esiste un vero e proprio vocabolario internazionale dei popoli civili. Si preoccupò del contributo che alla lingua hanno dato i nostri dialetti più conosciuti con parole largamente diffusesi e moltissimo studiò il toscano, anche per l'amore che aveva sempre nutrito per il fiorentino Dante. Ragazzi cresciuti a Napoli e a Palermo, mio fratello Ferdinando ed io, lo avevamo ripetutamente offeso scoppiando a ridere se sentivamo parlare dei veri toscani; Ferdinando la fece grossa ridendo a crepapelle proprio a Firenze, in piazza della Signoria, e questo gli procurò in loco un ceffone che lo convertì al rispetto per le aspirate. "Alla gloria del fiorentino e del toscano -dice Nicola Zingarelli nella prefazione- basta che la nostra lingua serbi l'avito patrimonio costituito dalla grande civiltà e fioritura di quella città e di quella regione... e si tenga fedelissima a quella tradizione". Intanto la guerra lo costringeva a tener conto del suo particolare vocabolario, cui s'aggiunse poi il vocabolario del dopoguerra, assieme ad un'atmosfera politica e sociale della quale si riscontrano tracce alla parola 'spazzino' nella frase 'Gli spazzini milanesi sono pagati come eccellenze' (conseguenza degli scioperi postbellici a catena). Però di frasi illustrative del genere il vocabolario abbonda e questo risponde alla mentalità di mio padre che soleva educare anche noi con battute, apologhi e storielle: frasi, proverbi e pensieri, estratti dal vocabolario, riempirebbero da soli un bel volume, e ve ne sono di garbata malignità. Si legge, ad esempio, che "La donna è come la castagna, bella di fuori, dentro è magagna" e per i privatisti c'è la sentenza: "I privatisti accorrono a far gli esami dove sperano indulgenza". Gli anni della guerra resero il lavoro a Milano faticosissimo: d'inverno la casa di via Boccaccio non si poteva riscaldarla e in certi momenti si arrivò a scarseggiare di carta e di inchiostro. Mio padre respirava di sollievo quando finiva una lettera dell'alfabeto: affrontò con somma gioia la Q, che si esaurisce in una diecina di pagine, e patì l'indicibile per la S, che di pagine se ne prende oltre duecento: alludo, con patire, ad una vecchia sofferenza fisica, che ho esperimentato quando -scomparso mio padre- mi sono dedicato a delle revisioni, e come lui mi sono levato molte volte dal tavolino parlando da solo e confondendo nomi e persone. Per chi si sobbarca ad un lavoro del genere un vero incubo rappresentano le missive, per quanto sommamente utili, di coloro che scrivono per segnalare omissioni o interpretazioni diverse; a prescindere dall'eventuale correzione pura e semplice, si verificano casi nei quali una parola sola impone ricerche e riscontri pazientissimi. Questo assillante bisogno di riscontrare finisce poi col diventare un'abitudine e confesso che oggi ne sono una vittima anch'io. La colpa desidero, fra l'altro, attribuirla ad un capitano di fanteria giapponese che a Tientsin, nell'estate del '39, mi domandò scherzando se fossi "figlio del vocabolario della lingua italiana" che lui possedeva e sfogliava di continuo. In Cina? e in Giappone? Rimasi atterrito. Il bravo capitano (speriamo che non sia caduto in guerra ed abbia anzi fatto carriera) mi gravò d'una responsabilità sconfinata. Il 23 dicembre del 1921 mio padre mi scrisse: "Caro figlio, in questo momento, sono le 7 e 10 di sera, ho scritto l'ultima cartella del vocabolario, e ho aspettato a rispondere alla tua, ricevuta ieri, per darti la notizia. Finalmente! Sono libero". L'anno dopo, a primavera, il vocabolario era pronto, e già l'autore preparava le ristampe: fra il '28 e il '35 curò addirittura una revisione completa dei centootto sedicesimi che compongono l'opera, ma arrivò a correggere sino alla novantacinquesima segnatura. Le rimanenti le rividi e corressi io. E quante volte mi tocca occuparmene mi sforzo di penetrare nello spirito di mio padre, sempre rammentando ch'egli condivideva il pensiero di Giacomo Leopardi: "Una lingua non avrà più mestieri di accrescimento solo quando o essa o il mondo sarà finito. ITALO ZINGARELLI, Da un Catalogo Storico Zanichelli inedito preparato in occasione del primo centenario della Casa Editrice, 1959.