STORIA Fuori commercio
Augusto Camera Penna d'oro Renato Fabietti Penna d'oro

STORIA

per gli istituti tecnici

Prima edizione

  • 1965
  • Note: 3 volumi, 1965. Copertina e impaginazione di Duilio Leonardi. Cartine di Enrico Craici. "Questo manuale è stato concepito esclusivamente per gli Istituti Tecnici: non è quindi una riduzione, aridamente riassuntiva, di un'opera più ampia. Poiché i programmi affidano soprattutto all'italiano e alla storia il compito della formazione umanistica del futuro tecnico, gli autori hanno dedicato adeguato spazio ai problemi della cultura ed hanno condotto il loro discorso in modo problematico, ravvivando con frequenti citazioni di storici e pubblicisti italiani e stranieri, le cui tesi sono proposte all'attenzione e alla discussione dell'allievo. Per la stessa ragione di fondo dell'opera essi non hanno voluto indulgere al malvezzo della notizia fine a se stessa, che serve più a disorientare l'allievo che a favorirne la maturazione culturale, ed hanno preferito invece non sacrificare i problemi che il giovane deve conoscere per poter vivere consapevolmente nel proprio tempo. Le linee fondamentali della storia contemporanea hanno avuto nella trattazione ampio rilievo, di guisa che si possa ricavare dal testo una sufficiente base informativa e critica per elaborare una meditata e personale risposta alle diverse concezioni della vita e della società che agitano e caratterizzano il mondo d'oggi. La narrazione è condotta sempre in tono agile, vivace, senza interruzioni; essa è accompagnata da rubriche "Glossarietto", "Osservazioni", "Le idee", "Riepilogo cronologico", che, in ogni capitolo, svolgono un'importante funzione didattica, chiarificano termini storiografici e problemi collaterali, invitano a meditare. Il testo è corredato infine di 64 tavole fuori testo, destinate a fornire, con illustrazioni originali e ampiamente commentate, un ricco sussidio visivo, particolarmente per quanto riguarda la storia delle tecniche produttive." Dal catalogo scolastico Zanichelli 1965-66. "Libri paralleli: Pazzaglia, Camera - Fabietti Fra i grandi della saggistica, della divulgazione storica in particolare, Plutarco ha un posto di rilievo. l'idea delle biografie in parallelo è tutt'altro che banale. I ritratti dei personaggi accostati si rinforzano a vicenda. L'accostamento non è mai diminuzione. In questo spirito si tratta qui, in un'unica scheda, dell'"Antologia della letteratura italiana" di Mario Pazzaglia e della "Storia" di Augusto Camera e Renato Fabietti: il parlarne assieme è anche conseguenza dell'impostazione di questo libro, che è storia della casa editrice più che delle opere e dei loro autori. Nell'ambiente editoriale, negli anni Ottanta, osservatori non particolarmente benevoli attribuivano i buoni risultati della Zanichelli più alla fortuna di avere incontrato Pazzaglia, Camera e Fabietti che a vera capacità. In effetti, per circa vent'anni, tra il 1970 e il 1990, i due titoli assieme «facevano» oltre il 22% del fatturato scolastico, contribuendo a un quarto dei margini*. Peraltro i risultati del nuovo secolo hanno dimostrato, quanto meno, che la fortuna è abbastanza abituale. Cosa hanno in comune queste due opere, oltre all'ampia e lunga fortuna? In parte lo si è detto: nati** (quasi assieme) da un'esperienza didattica, pensati in un primo tempo per gli istituti tecnici, cresciuti assieme molto rapidamente***, destinati (nei tecnici) allo stesso insegnante. Sostanzialmente hanno avuto anche un declino contemporaneo. Altre due caratteristiche comuni fondamentali: - una omogeneità interna (libri tutti scritti a due o quattro mani), non del tutto comune in opere così vaste; - l'essere con grande onestà al servizio del sistema docente-studente. Ci sono libri pensati più per chi insegna e libri che si preoccupano più di chi impara (molti libri non si preoccupano né degli uni né degli altri). Pazzaglia (e Camera e Fabietti) pensavano a rendere migliore il lavoro di entrambi gli utenti; pensavano al libro come a un buon strumento del lavoro comune di classe. Qui forse le affinità finiscono. Il grande merito del Pazzaglia è stato quello di rimettere al centro la lettura del testo: in vari periodi opere concorrenti avevano parti storiche giudicate migliori, ma la scelta generosa con i maggiori (miracolosamente congruente con le abitudini dei discenti) fu assai spesso vincente. Nell'arco della seconda metà del secolo l'abitudine ad affiancare all'antologia una storia della letteratura è declinata: si è insomma imposto il modello strutturale del Pazzaglia, dove le parti storiche erano al servizio degli autori e non viceversa****. La ritrosia di Pazzaglia ad accogliere parti didattiche sovrabbondanti o contributi critici ampi voleva essere - ed era - una forte esortazione a immergersi soprattutto nell'autore. I cambiamenti dell'opera furono limitati. Anche quando divenne professore universitario, Pazzaglia non volle tradire lo spirito di un libro a misura di allievo: perfino nelle bibliografie (dove è più facile incorrere in peccati di erudizione) si mantenne fedele a sé stesso. Lo storico sociale della scuola che volesse suddividere le tipologie dei docenti di lettere troverebbe nel «professore o professoressa che adotta Pazzaglia» una categoria omogenea, in cui il libro adottato è ben più di un simbolo esterno, come potrebbe essere un tipo di scarpe: insegnanti equilibrati, misurati, attenti al successo scolastico degli allievi, mai esibizionisti o narcisisti. L'approccio di Camera e Fabietti era in parte diverso: muovevano dall'idea della storia come racconto del passato che contribuisce alla formazione civile nel presente. Il libro è caratterizzato da un impegno morale, dal desiderio di trasmettere anche valori*****. Forse questo genuino aspetto morale è ciò che dava noia ai critici di una certa parte politica, più che il merito di certi giudizi. Potremmo definire il Camera Fabietti un libro «azionista»: e non a caso la polemica scoppiò quando si cercò, da una certa destra, di combattere la cultura del Partito d'Azione******. L'impostazione editorial-didattica del libro*******, su cui si è insistito nel testo, come ogni buona «architettura» non era fine a sé stessa: era rivolta a rendere meno noioso lo studio. Semplificando, si può dire che un allievo medio poteva rispondere bene a un'interrogazione dopo una lettura, apparentemente unica (ma in realtà più volte ripetuta sui punti essenziali)********. A differenza dell'antologia di Pazzaglia, la Storia di Camera e Fabietti ebbe modifiche più importanti nelle varie edizioni: crebbero il formato e l'apparato illustrativo, diventato a colori. Agli autori si aggiunsero collaboratori anche prestigiosi*********. Guardando le cose retrospettivamente si può sospettare che l'indubbio arricchimento di questi contributi abbia incrinato, almeno in parte, l'organicità del disegno iniziale. Tutte e due le opere, come abbiamo visto, hanno subito quasi contemporaneamente una drastica riduzione della loro diffusione. Perché queste due opere sono declinate, mentre altri pilastri della casa editrice sopravvivono? È una buona domanda, come tutte quelle a cui è difficile rispondere. Il fatto che non si siano aggiunti coautori di una generazione diversa non è certo una spiegazione sufficiente: è una risposta che se mai rinvia a un nuovo perché. Se fosse esistito, nel catalogo Zanichelli, un equivalente per la stenografia, la risposta sarebbe ovvia: è la disciplina che praticamente non c'è più. Ma la storia e la letteratura italiana si continuano a studiare. Forse però è venuta meno la posizione di assoluta centralità che occupavano nelle scuole secondarie (o per lo meno questa centralità devono guadagnarsela sul campo); sono venuti meno strumenti che erano nati in un'epoca di indiscusso primato (in ambito scolastico, ben s'intende) delle due discipline. * Questo risultato è il frutto di tre fattori: l'elevata quota di mercato, l'alto numero di studenti dei tre segmenti cui erano destinati (italiano nel triennio, storia nel biennio e triennio, tutte materie presenti in ogni tipo di scuola) e numero dei volumi di ciascun corso, loro dimensioni e quindi prezzo. In un certo senso quasi contemporaneamente Zanichelli, nel totocalcio dell'editoria scolastica, fece due «tredici» pesanti, in giornate con molte giocate e poche vincite. I due libri, vuoi per le elevate tirature, vuoi per la lunga durata delle adozioni, avevano costi inferiori alla media: il loro contributo ai margini - come è logico per ogni successo - era proporzionalmente più ampio del contributo al fatturato. Nel 1980 il fatturato dei due libri era assai simile (4,2 milioni di euro 2008 per la storia, 3,7 per l'antologia. Nel decennio 1980-1990 i valori crescono (cresce anche il mercato): nel 1985 6,6 milioni di euro 2008 la storia, 4,7 l'antologia. Nel 1990 le posizioni si invertono: 5,7 la storia, che ha cominciato a flettere, 7,0 l'antologia. Poi inizia il declino, più improvviso per l'antologia. Fra il 1995 e il 2000 la storia scende da 2,6 a 1,6; l'antologia, negli stessi anni, da 4,7 a 0,9. ** Mentre Pazzaglia entrò in Zanichelli per merito di Lorenzo Bianchi, Camera e Fabietti furono presentati in via Irnerio dall'allora direttore di filiale di Milano Raffaello Persici. *** La diffusione delle due opere fu aiutata all'inizio da prezzi assai competitivi. **** Ricorda Federico Enriques: "Pazzaglia, anche per il suo carattere schivo, fu sempre attento a non varcare i confini della letteratura, a non invadere la storia della cultura o la storia tout court. Tuttavia, nella terza edizione, aggiunse degli affreschi d'epoca. L'autore mi lasciò da leggere in anteprima, in dattiloscritto, un ritratto del Medio Evo. Lessi le quattro o cinque cartelle d'un fiato; uscii dall'ufficio e incontrai un Dogliotti pensieroso: avrebbe dovuto in poche ore scrivere un tema per una delle figlie, proprio sul Medio Evo (Dogliotti seguiva da vicino, con mia grande invidia, il lavoro scolastico delle figlie, traendone utili spunti nell'attività editoriale). Dopo aver chiesto il permesso a Pazzaglia gli allungai le cartelle. Credo abbia modificato assai poco ed ebbe grande successo, a scuola e in famiglia. Con la sua chiarezza Pazzaglia scriveva cose che anche un bravo studente avrebbe potuto scrivere. Ed è un grande complimento, sia ben chiaro. ***** Renato Fabietti aveva appreso il valore della divulgazione dallo zio Ettore (1876-1962), maestro toscano trapiantato a Milano, operatore culturale e direttore di collane editoriali. Il suo nome, come apprendiamo da un sintetico profilo che compare nel sito della società umanitaria di Milano, «è legato al sorgere ed alle fortune della Federazione Italiana delle biblioteche Popolari, di cui fu anima, contribuendo, come nessun altro, alla elevazione culturale e sociale dei lavoratori italiani». ****** La prima edizione del terzo volume aveva alcune punte polemiche che furono subito attutite in sede di ristampa, senza alterazioni del senso generale dell'opera. ******* La struttura grafica articolata della storia richiese sempre, a differenza dell'antologia, una presenza redazionale forte: per più di vent'anni l'opera fu seguita con intelligenza e precisione da Maddalena Mutti; l'ultima edizione è stata pubblicata con la supervisione redazionale di Miro Dogliotti. In ogni casa editrice scolastica la simbiosi fra redattore e autori «recidivanti» è frequente. Quella fra Mutti e Camera+Fabietti è stata probabilmente la più significativa nella storia della casa editrice. ******** Se le postille laterali erano assai utili in sede di ripasso, le «osservazioni» contenevano delle «pillole» di intelligenza didattica. In una di esse si paragonavano i morti durante il Risorgimento italiano con le ben più numerose vittime, negli stessi anni, delle carestie in Cina: tre righe e due numeri più efficaci di interi paragrafi di storia extraeuropea. ********* Tra gli altri Adriano Prosperi, Daniele Manacorda, Giuseppe Pucci, Alberto Preti." Il brano è tratto da FEDERICO ENRIQUES, da "Castelli di carte. Zanichelli 1959-2009: una storia", Bologna, Zanichelli, 2008, pp.174-77.