STORIA Fuori commercio
Silvio Paolucci Penna d'oro

STORIA

Dalla preistoria a Giustiniano

Prima edizione

  • 1964
  • Note: Volume 1, 1964. Volumi 2 e 3 , 1965. Note per l'insegnante, 1965. "Alla preparazione delle "Nozioni di educazione civica" ha collaborato Giorgio Giambi. Le cartine sono state eseguite da Walter Hergenroter." Al momento dell'uscita, nel marzo 1964, venne allegato al volume un fascicolo contenente tavole cronologiche riassuntive e nozioni di educazione civica. Le ristampe effettuate dal maggio 1965 inclusero il fascicolo nel corpo del testo. "Ci piace riportare qui un passo di un articolo di Anna Ginzburg ("Rinnovamenti in storiografia", apparso su «Civiltà delle macchine», XII, 4, luglio-agosto '64): "Silvio Paolucci pubblica ora, per conto della Zanichelli, il primo volume di una Storia, "Dalla preistoria a Giustiniano", che è tanto più significativo in quanto destinato alla scuola media, nella quale (...) l'arretratezza dei manuali è stata finora particolarmente grave. La novità di questo è evidentissima. Anzitutto, la periodizzazione è diversa da quella tradizionale: il termine della storia antica è spostato dalla caduta dell'impero romano d'occidente (fatto che, come è noto, non segna una trasformazione sostanziale) al VI secolo, col nuovo assetto dell'Europa nei regni romano-barbarici e l'ultimo grande sforzo di riunificazione dell'impero entro gli antichi confini. In secondo luogo, l'esposizione non è solo chiara, ma tutta tesa a far comprendere la complessità delle vicende storiche, sia con esempi, spesso acuti, tolti dall'esperienza quotidiana dei ragazzi, sia con richiami posti alla fine di ogni capitolo e alla fine del volume, allo svolgimento parallelo delle varie civiltà. Infine, le illustrazioni sono estremamente funzionali, e accompagnate da didascalie che non solo indirizzano all'osservazione degli usi tecnici, agricoli, militari, ecc., ma insegnano a 'guardare' (una delle tante cose che nelle nostre scuole non si fanno). Con questi strumenti l'autore consegue pienamente il suo scopo: incentrare l'esposizione sui caratteri geografici, economici, sociali, religiosi, di sviluppo tecnologico, di costume delle varie civiltà, e solo in questo contesto narrare le loro vicende politiche. Tra gli altri meriti del volume, vanno segnalati la comunicazione di scoperte recenti (quali la lineare B o i rotoli del Mar Morto), e soprattutto lo sforzo di non far dimenticare che "come la guerra non la fanno soltanto i generali, ma anche i soldati, così nella storia non contano soltanto i re, ma anche molta umile gente, di cui il nome è scomparso nei millenni, ma che viveva, lavorava, soffriva, gioiva giorno per giorno". Detto tutto questo, però, occorrerà stare in guardia da una eccessiva svalutazione della storia politica e in genere del tanto spregiato 'nozionismo', che è poi la base prima di ogni conoscenza e di quella storica in particolare. Di tale svalutazione questo manuale mostra solo qualche traccia." Abbiamo voluto riportare questo giudizio di una giovane ma già nota studiosa, senza trascurare il rilievo negativo che lo conclude. Non lo abbiamo fatto soltanto per ragioni di obiettività, ma anche perché è un rilievo condiviso, in parte almeno, da noi stessi. La storia degli 'avvenimenti', d'accordo, non va trascurata. È per questo che la nuova edizione del testo di Storia del Paolucci contiene, in appendice, una vastissima cronologia (dodici pagine nel primo volume, venti nel terzo), destinata appunto a facilitare all'alunno la ricerca e l'apprendimento degli 'avvenimenti': anche di quelli che proprio l'impostazione moderna del testo porta necessariamente (se non altro per ragioni di spazio) a trascurare o a porre in secondo piano. Un'altra novità è costituita da una seconda appendice, che compare in tutti e tre i volumi, dedicata ad esporre pianamente, e con il maggior numero possibile di agganci diretti al corso di storia, brevi nozioni elementari di educazione civica: poche pagine nel primo e nel secondo volume, ma una più ampia e organica trattazione (in coerenza con i programmi) nel terzo, dove è anche interamente riportata la nostra Costituzione. Per il resto, il terzo volume (già uscito) e il secondo (in corso di stampa: gli insegnanti possono averne a disposizione uno specimen, già stampato, di 64 pagine) ricalcano fedelmente le caratteristiche del primo, in più tenendo conto dei suggerimenti che da più parti sono venuti all'autore. Rimane da ricordare l'uscita delle "Note per l'insegnante" relative al primo volume (le altre due seguiranno tra breve): per quanto ci consta, esse sono state particolarmente gradite agli insegnanti." Da «Zanichelli Scuola» n. 26, aprile 1965. "La prima edizione di questo testo apparve nel 1964, suscitando molto interesse. Per la prima volta, forse, si assisteva a un tentativo di presentare la storia ai ragazzi della nuova scuola media, seguendo i criteri che la moderna didattica della storia ha elaborato e raccomandato. Criteri che si potrebbero così brevemente riassumere: 1. Partire, sempre, dal documento, e cioè permettere al ragazzo il contatto vivo e diretto con le testimonianze del passato; fargli capire che la storia non è un raccontino che cada dal cielo bell'e fatto, ma una ricostruzione faticosa delle vicende degli uomini sulla base dei documenti che di queste vicende ci sono pervenuti. Per ottenere questo risultato, veniva costantemente inserita nel testo la voce stessa dei protagonisti delle vicende narrate: dalla preghiera al Nilo di un contadino egiziano all'epigrafe di un funzionario romano, dalla lettera di un re hittita a un discorso di Pericle. Le stesse illustrazioni, rinunciando a una tradizionale funzione puramente esornativa, fine a se stessa, s'inquadravano strettamente nel disegno generale dell'opera, presentandosi anch'esse, appunto, come documenti e testimonianze di singoli aspetti delle civiltà del passato. Il busto del condottiero passava così in secondo piano, di fronte a scene di vita reale, dalle quali era possibile trarre utili informazioni supplementari: il carro di guerra degli Assiri, la pesca del tonno a Messina, il pagamento del tributo al magistrato romano, ecc. Naturalmente, anche se il preadolescente è di solito più propenso a guardare che a leggere, non basta porgli dinanzi agli occhi una illustrazione: se non si rende conto del suo significato, le getterà uno sguardo distratto e se ne scorderà subito. Le illustrazioni, dovunque fosse possibile, venivano quindi accompagnate da ampie didascalie descrittive. In più, numerose cartine fornivano una rappresentazione visiva della dimensione geografica dei fenomeni storici: dall'estensione degli stati alla diffusione dei fatti economici, commerciali, religiosi, alle migrazioni di popoli, etc. 2. Allargare l'orizzonte della storia, passando dalla pura storia dei fatti (in genere, politico-diplomatici) a quella della civiltà, e dell'uomo tutto intero, dell'uomo 'faber' e dell'uomo 'sapiens'. Troppo a lungo -infatti- la storia è stata insegnata come un succedersi mortificante di nomi di re o di capi e di guerre, è stata cioè considerata in modo prevalente dal punto di vista politico-militare. È invece ben certo che parlare di 'dinastia carolingia', ad esempio, non significa nulla per il preadolescente; ai nomi di Lotario o Clodoveo si potrebbero sostituire quelli di Gengis Khan o Tamerlano e ricavarne un ugual profitto: egli imparerebbe semplicemente a memoria, convinto che di queste sigle misteriose la storia consista, e li dimenticherebbe immediatamente, appunto come noi tutti scordiamo subito una sigla di cui non conosciamo il significato. La stessa mancanza di significato ha nella testa del ragazzo tutta una serie di concetti astratti o generici come 'dispotismo', 'civiltà', 'libertà', ecc. e di frasi come 'il genio giuridico dei Romani' o 'il culto ellenico della bellezza', che non è raro trovare ancora nei manuali in uso nella scuola. Ne consegue che soltanto se è concepita come 'storia dell'uomo e della sua civiltà' la storia può essere veramente educativa: allora gli aspetti più concreti ed immediati della vita di tutti i giorni assumono il posto che loro spetta; la storia si avvicina alla viva esperienza dei ragazzi ed essi sentono che il suo studio è cosa che li riguarda. Quindi il criterio didattico fondamentale al quale l'autore si atteneva era quello di porre in primo piano le cose (la casa, gli utensili, i vestiti) e le attività elementari dell'uomo (la ricerca del cibo, il lavoro, il commercio, ecc.). Compito difficile, questo allargamento d'orizzonte, perché occorreva evitare il pericolo di aggiungere elenchi a elenchi (quelli delle 'invenzioni e scoperte' a quelli dei re e dei papi), e sforzarsi invece di mostrare le connessioni interne, i nessi della tecnica con la politica, della filosofia con la scienza e con la religione. Questo nuovo accento sulla storia della civiltà non portava però a una svalutazione delle vicende propriamente politiche. In conformità ai nuovi programmi della scuola media, esse costituivano la "traccia narrativa, la quale giovasse a chiarire la continuità, gli sviluppi e i rapporti cronologici". Tuttavia, anche nel raccontare di campagne militari, di urti, di ambizioni, di lotte di partiti, l'autore cercava di far sì che, pur dalla necessaria schematicità di un manuale, trasparisse almeno un'ombra della drammaticità degli eventi. 3. Allargare anche un altro orizzonte, quello geografico. Far capire che 'noi' non eravamo soli sulla Terra, e che mentre i nostri antenati vincevano o perdevano guerre, e vivevano in case di un certo tipo, altri popoli, in altre parti del mondo, affrontavano -dando loro soluzioni diverse- problemi analoghi. 4. Partendo dalla constatazione dei molti problemi e difficoltà che la comprensione della storia pone al ragazzo, sforzarsi di spiegare la complessità dei fenomeni storici, in luogo di contentarsi di una mnemonica enunciazione di luoghi e date. Quindi, per esempio, le nozioni di 'progresso', 'civiltà', 'democrazia', non erano date senz'altro per scontate, ma il ragazzo era indotto a rendersi conto del significato di queste parole attraverso le esperienze concrete vissute dagli uomini, variamente associati nel corso dei secoli." Da un documento interno Zanichelli, scritto in occasione dell'uscita della quarta edizione del manuale, 1981. "Critiche al testo vecchio. In realtà la 'critica delle cose' è cominciata fin dal momento in cui è entrato nella scuola. Nato da un'esperienza di scuola media tradizionale, elitaria, cittadina, anche se compilato con intenti rinnovatori, è entrato in una Scuola Media unica, che rapidamente diventava scuola di massa. Quindi, come strumento di lavoro efficace, almeno per quanto riguarda i bambini che lo dovevano studiare, ha incominciato a logorarsi subito. Di qui le accuse di 'difficoltà'. ecc. Difetti. Presuppone, quasi fin dall'inizio, nei bambini una capacità di operare con categorie astratte, che essi, in realtà, non possiedono. (...) È ancora europocentrico e anche italocentrico. Ci sono troppi eventi che sono rivissuti e fatti rivivere solo ed esclusivamente dentro la logica delle classi dirigenti: storia diplomatica o dei grandi monumenti. Ancora troppi avvenimenti sono raccontati come opera delle 'personalità dominanti' (Garibaldi, Cavour, Crispi giganteggia nei confronti del movimento operaio, per esempio). I temi della 'cultura materiale' prendono sempre meno spazio, via via che ci si allontana dalla documentazione di tipo archeologico. Questo forse è inevitabile, ma non deve essere quasi programmato. Linguaggio che indulge alla letteratura. Nei ritocchi, negli aggiornamenti, nelle aggiunte è già rintracciabile un certo indirizzo, che prelude ad un mutamento della linea generale del testo: tutti vanno nel senso di una storia più sociale ed economica, tentano di allargare gli spazi non solo dell'antropologia ma anche delle altre scienze umane. Forse il fatto che il testo continui ad essere adottato non è a causa o per effetto dei ritocchi, degli aggiornamenti ecc., ma non lo è neppure nonostante quelli. Dobbiamo tenerne conto come di un indizio. Problemi didattici. I concetti storici sono per i bambini di questa età (almeno fino ai 13 anni) privi di riferimenti concreti alle loro esperienze: allora ve li inseriscono di forza, per ritrovarsi nel noto e nel vissuto: di qui la persistenza delle interpretazioni moralistiche, oppure gli stereotipi famigliari sovrapposti alla spiegazione storica. Un'altra difficoltà, che è spesso una incapacità di cogliere la successione temporale degli eventi (connessa -sembra- con fattori psicologico-evolutivi). Il bambino della scuola media si trova in quella fase dello sviluppo durante la quale giunge a consolidare come concetti astratti le diverse nozioni apprese in precedenza su un piano prevalentemente operativo. (...) La difficoltà consiste nel riapprendere queste nozioni, che in un primo tempo sono solamente 'agite' dal bambino, in forma di concetti astratti, lontani dal vissuto. Oltre un certo limite del passato, i fatti nella mente del bambino compaiono inevitabilmente come appiattiti. Oltre ad essere fatti remoti essi sono poi formulati spesso con parole incomprensibili: Stato, governo, nazione, partito, rivoluzione, democrazia, politica, economia, agrario, ecc. Sono difficoltà e ostacoli di questo genere quelli che contribuiscono enormemente a creare una rappresentazione degli eventi storici e dei loro nessi costituita quasi unicamente da categorie dell'esperienza quotidiana ingigantite. (...) " È quindi necessario favorire nel bambino quel 'decentramento' dal proprio io soggettivo che nella sua evoluzione psichica è in via di svolgimento: bisogna aiutarlo a sganciarsi, nel caso della considerazione degli eventi storici, dal proprio vissuto personale: ma questo è un processo che lo studio della storia deve aiutare a svolgersi, secondo me, lentamente e il più possibile piacevolmente. Il libro di storia deve il meno possibile pesare addosso ai bambini come una costrizione ulteriore, come una imposizione autoritaria di contenuti culturali avulsi dal loro mondo. Come devono studiare, i bambini devono anche giocare e la loro scuola è già così terribilmente libresca e deprimente. Obiettivo didattico dell'insegnamento della storia deve certamente essere anche l'acquisizione di capacità critiche che aiutino ad interpretare il proprio presente, ma il momento stesso di questa acquisizione deve essere, per quanto è possibile a scuola, vissuto come liberatore. Il primo passo in questa direzione può anche essere un libro, purché esso costituisca una lettura gradevole, varia, vivace, che in certo qual modo apra gli spazi e i tempi del mondo. Il problema è quello di conciliare queste esigenze contraddittorie: insegnare e liberare; spalancare finestre su un mondo gremito di cose e riuscire a farle vedere in una giusta prospettiva. Un'altra delle ragioni per cui il bambino fa fatica a ricordare la storia e a capirla è che da un insegnamento tradizionale ricava, di solito, l'impressione di una congerie di avvenimenti confusi e disordinati. L'accento posto sull'evento politico-militare, cioè su quello più superficiale e di più breve durata, produce il senso di una mancanza di filo conduttore. I fatti si accatastano privi di significato o, quel che è peggio, sempre uguali nel corso dei secoli: i più forti, o i più furbi, hanno la meglio, i più deboli soccombono. Le conseguenze sul piano educativo sono gravi: gli uomini sono sempre uguali, quindi conformismo e utilitarismo. Una storia economico-sociale può anche aumentare la comprensione. (...)" SILVIO PAOLUCCI, riflessioni sul testo in preparazione della quarta edizione, 1977.