Letture italiane, scelte e annotate a uso delle scuole secondarie inferiori. Libri I, II, III Fuori commercio
Giosue Carducci Nobel Ugo Brilli

Letture italiane, scelte e annotate a uso delle scuole secondarie inferiori. Libri I, II, III

Quinta edizione rifatta e con più annotazioni

Quinta edizione

  • 1886
  • Note: In 16°, pp. 742. Prefazione di Giosué Carducci: "In questo libro, che nella presente stampa do fuori rifatto sì nella scelta sì nelle annotazioni, mio solo intendimento fu ed è di porgere alle scuole quella maggiore e minore copia di lingua che secondo le tradizioni legittime ha da essere il fondamento, e insieme l'instrumento della coltura nazionale; di porgerla senza preoccupazioni e restrizioni di scuole, in tutte quelle rappresentazioni delle cose e quei trovati delle imaginazioni e in quegli atteggiamenti del pensiero onde i diversi stili informano, in esempi di scritti per diverse guise notevoli, di scrittori grandi e mezzani d'ogni condizione e di tutti i secoli della nostra letteratura. (...) -Né dei recenti novellatori o narratori so io vedere quanti o quali si convengano all'insegnamento classico inferiore; a ogni modo i giovanetti ne leggono, o ne possono leggere, a casa, nelle biblioteche, nei gabinetti letterari, nei giornali, nelle raccolte periodiche: nella scuola occorre prepararli e avvezzarli presto alla lettura alla intelligenza all'amore dei grandi scrittori, che sono classici perché furono per eccellenza italiani. - Ma so quel che può aver d'ostico per giovanetti la lettura dei trecentisti, o anche, più in generale, di parecchi autori men recenti. Però certe come foglie morte e ramicelli secchi e intristiti gettai via risolutamente pur nelle novelle del Sacchetti, lasciando per altro intatto sì della dizione sì delle sintassi quello che è vivo, se non negli scritti odierni, su le bocche del popolo cittadino o contadino di Toscana, e anche quello che, se remoto dall'uso, ha ragioni letterarie e qualche volta valore storico. Più osai nelle favole esopiane, dove la varietà dei testi pure affini mi tentò più d'una volta e mi diè I'agio di una quasi ricomposizione: assai meno nei cinquecentisti; nulla, o quasi, nei più moderni. (...) - Ma né dizionari né note né libri scolastici piccoli o grandi serviranno a nulla, se maestri e scolari non siano persuasi o non si persuadano che a imparare e ad insegnare l'italiano la ispirazione non basta; che tra certe scritture d'oggi e l'italiano di Dante, del Machiavelli, del Galilei c'è un po' di differenza, forse in meglio; che il conoscere anche bene la grammatica, o una grammatica, sia quanto si voglia scientifica, è soltanto il principio o un aiuto a studiare la lingua e la prosa. Questo ed ogni altro migliore libro potrà essere utile soltanto in quelle scuole nelle quali i maestri credano che l'italiano ha da essere insegnato con la stessa premura attenzione e dottrina che le lingue classiche, o almeno non credano che può essere insegnato in qualche modo nelle mezze ore di avanzo. Pensino i signori insegnanti del ginnasio inferiore come del frutto che lo studio dell'italiano darà nelle classi superiori e agli anni più avanzati, i semi sono gittati da essi, da essi avviata la coltura; se il frutto sarà buono, anche a loro dee toccar della lode: se no, essi certamente non possono né debbono andare senza biasimo." Bologna, 1 settembre 1885.