Strambotti e rispetti dei secoli XIV, XV e XVI Fuori commercio
Giosue Carducci Nobel

Strambotti e rispetti dei secoli XIV, XV e XVI

  • 1877
  • Note: In 8°, pp. 28. Per nozze Teza-Perlasca. "Mio caro Emilio [Teza], se questo libretto, col quale volli a te ricordata nel giorno delle tue nozze la mia ormai antica amicizia, ti viene innanzi un po' tardi, n'ha colpa, come di tante altre importunità e inopportunità, la poesia. A questi strambotti e rispetti, che per te, studioso, fra' primi, de' canti del popolo e del loro passaggio nell'arte secondaria e riflessa, io scelsi da codici e da stampe vecchie; a questi strambotti, dico, era mia intenzione mandare innanzi alcuni versi proprio miei a te. Ma non me ne riuscì nulla di buono. Del che io, accagionavo da prima il sirocco di questi giorni; se bene trovai poi un'altra cagione più vistosa in questi andazzi di critica; me la presi cioè, coraggiosamente e generosamente con la povera poesia italiana, che, in tali casi avvezza a mentire, con volgarità accademiche o ad ingrossar la voce e gestire a modo d'istriona, si interponesse dura e stecchita fra me e me, fra me uomo e me verseggiatore, fra le mie frasi e le affezioni mie, fra me e l'amico. Ma il fatto è che la poesia italiana non è rea ella, se a me manca la facoltà di mettere in versi le cose di casa e di famiglia e del cuore con quella forza d'immediata e sincera e decente rappresentazione che io ammiro in altri; in te, per esempio, quando traduci gli idilli di Klaus Groth. Se io avessi saputo scrivere di sì fatti versi, io ci avrei versato dentro, o amico, le memorie, quali mi stanno sorridenti e lacrimose nel pensiero tenace, de' belli anni passati insieme in Bologna. Ti ricordi quando, finite di recitar le tue ore di sacerdote della scienza in quelle lingue i cui nomi, ch'io non so ridire, a me facevano l'effetto di tanti periodi di pappagalli, discorrevamo allegramente o lavoravamo insieme a cose più umane? lo me ne ricordo, e ricordo gli avviamenti a studi più larghi e i modi nuovi dell'arte ch'io devo alla tua dottrina gentile e al giudizio severo; e anche ripenso, con vereconda gratitudine, quel moto che l'animo mio deve alla tua affezione. (...)" GIOSUE CARDUCCI. Emilio Teza, orientalista e poliglotta, aveva conosciuto il Carducci a Firenze nel 1886. Furono nominati insieme professori a Bologna dal Mamiani. Il Teza tenne a battesimo il piccolo Dante, figlio di Carducci, mortogli nel 1870.