SENTIERI VERTICALI Fuori commercio
Alessandro Gogna

SENTIERI VERTICALI

Storia dell'alpinismo nelle Dolomiti: gli itinerari

Prima edizione

  • 1987
  • Note: "MIRABILIA. SCALE IN POLVERE DI STELLE SALGONO AI MONTI PALLIDI La regione dolomitica che, dalle porte di Trento, si estende fino al Passo di Monte Croce di Comelico (Trentino-Alto Adige e Veneto), è delimitata dal fiume Adige (Trento-Bolzano), dal fiume Isarco (Bolzano-Bressanone-Sella di Dobbiaco), dal fiume Piave, dal fiume Cismon e dal fiume Brenta. L'aspetto della catena dolomitica è molto vario per motivi di natura geologica e morfologica. Ma a prescindere da questo, le Dolomiti sono fra le montagne più incantevoli esistenti al mondo, specialmente per quanto riguarda la variabilità della loro forma e dei contrasti strutturali cromatici. Le loro cime sono, fra l'altro, avvolte dalla leggenda, originata dalle più strane forme e raccontata anche dalle singolari denominazioni date alle più alte come, per esempio, Monte Cristallo, Catinaccio o Rosengarten (giardino delle rose), Pelmo o (Carega de Dio), Pale di San Martino, Cima della Madonna, Monte Civetta, Le Cinque Dita (Sasso Lungo), Monti Pallidi, Cima Tosa, la Sentinella (Gruppo Brenta) e così via. Le Dolomiti forniscono ai turisti e agli scalatori visioni di colori sublimi, contrastati dal verde intenso dei boschi del fondo valle. Alle multiformi variazioni degli aspetti fisici del paesaggio e alla complessa azione dei processi esogeni, si associa un'ampia diversificazione di ambienti umani come tale l'orografia della regione mette in risalto un intricato complesso di valli e dorsali entro cui si identificano molte differenziazioni etniche che, nella lunga sequenza storica, hanno dato una importante testimonianza di cultura popolare locale. Ma le Dolomiti non sono solo spettacolo, leggenda, folclore e cultura. Esse sono montagne che hanno visto memorabili scalate fatte dall'uomo negli ultimi due secoli queste imprese vengono presentate e rivisitate da Alessandro Gogna in un libro interessante e magnificamente illustrato, recentemente pubblicato da Zanichelli: "Sentieri verticali. Storia dell'alpinismo nelle Dolomiti: gli itinerari". L'incontro alpinistico fra la catena dolomitica e l'uomo avvenne in un giorno di luglio del lontano 1726, quando il farmacista Pietro Stefanelli di Venezia e il botanico Giovanni Zanichelli, iniziarono un lungo itinerario: meta il Cimon del Cavallo, alto 2251 metri. La destinazione era allettante dato che a quei tempi era convinzione generale che su quella cima si trovasse il "giardino della Madonna", un leggendario erbario pieno di piante sconosciute e miracolose. Così avvenne la prima scalata a una montagna delle Dolomiti, scalata fatta da due uomini scarsamente attrezzati per l'impresa e di portata storica dato che essa si era verificata più di cinquant'anni prima di quella del Monte Bianco e dell'avvento della rivoluzione francese. A quella prima impresa seguirono altre ascensioni: il 12 agosto 1802 fu scalata la Marmolada da don Giuseppe Terza, assieme ad altri sei compagni nel 1820 fu la volta del Sasso della Porta (Odle) nel 1855 fu scalato il Monte Civetta, e il 19 settembre 1857 si scalò il Monte Pelmo, alto 3168 metri, che si erge come una fortezza verticale verso il cielo. Autore dell'impresa fu John Ball. Fu questo un grande atto di coraggio umano date le difficoltà incontrate lungo la via. Negli anni che seguirono molti sentieri si segnarono sulle pareti delle cime dolomitiche, ne rimaneva una, quella più alta, quella più importante, quella più difficile e affascinante: la vetta della Marmolada (Punta Penia), alta 3342 metri. La conquista avvenne il 28 settembre 1864 a opera di Paul Grohmann, con le guide Angelo e Fulgenzio Dimai. L'ascesa a questa cima concluse un excursus storico straordinario per coraggio, ardimento e scarsezza di mezzi tecnici, tanto che da quel momento le conquiste divennero imprese organizzate e, per certi aspetti, vere e proprie competizioni come quella del 20 luglio 1865 alla Cima Tosa (Brenta), alta 3173 metri, quella del 14 settembre dello stesso anno al Monte Cristallo, quella del 31 maggio 1867 al Civetta, alta 3220 metri, eccetera. È certo che la lunga attività alpinistica intrapresa dall'uomo sulle Dolomiti porta con se una storia umana non facile da dimenticare per coraggio, pericoli, drammaticità, intraprendenza e soddisfazione. Saprà l'uomo unire all'ardimento e al coraggio, il fascino poetico e il rispetto della montagna nelle sue tradizioni più pure? Come conclude l'autore del libro: "Solo le rocce sanno se la tradizione sarà 'tradita'"." MARIO SCHIAVONE, «Il Sole 24 Ore», 17 gennaio 1988.