Poesie Fuori commercio
Enrico Panzacchi

Poesie

a cura di Giovanni Federzoni. Prefazione di Giovanni Pascoli

A cura di Giovanni Federzoni
  • 1908
  • Note: In 16°, pp. 704. Con 2 ritratti e un fac-simile. Rilegato. Frontespizio: 1908; ma "Finito di stampare il 15 dicembre 1907". Contiene: 1. "Prefazione di G. Pascoli" - 2. "Indici dei capoversi" - 3. "Preambolo" - 4. "Poesie: I. Visioni e immagini - II. Dolores" - III. "Intima vita" - IV. "Brevi poemi" - V. "Spiriti magni" - VI. "Fantasie" - VII. "Funebria" - VIII. "Racconti" - IX. "Alma natura" - X. "Piccolo romanziere" - XI. "Varie" - XII. "Le istorie" - XIII. "L'intermezzo" - XIV. "Terra immite" - XV. "Ultime rime" - XVI. "Rime inedito o rare". "Rileggiamo. L'ora del tempo e la stagione sono propizie alla poesia. È una mattinata di novembre. Al solicello che ha vinto la breve tenue chiara nebbia, si adergono per la costa di San Michele in Bosco e torno torno per le altre colline, i cedri del Libano, gli abeti, i cipressi, i larici, i quercioli, i pioppi, i castagni d'India, e mostrano la varia sorte a cui riuscirono dopo i primi freddi. Quali sono più verdi che mai, e sembrano neri al paragone degli altri, che arrossano, ingiallano, si spennano, si mondano. Che diverso destino! C'è poi, qua, un gruppo di giovani conifere a piramide, là, lassù, una selvetta di folti ippocastani a larghe ombrelle, che sembrano quelle inorgoglirsi e questi lamentarsi al medesimo raggio di sole. Pace! Quanta gloria nella vita eterna! ma nella morte, che bei colori! Due belle stagioni ha questa povera terra: la primavera e l'autunno. (...). Rileggiamo tra questo riso il Poeta morto. Morto? Sì, come muoiono i poeti e gli alberi a vere foglie: trascolorando in porpora, in ruggine, in oro, e lasciando cadere, ora a poco e l'una dopo l'altra, strofe a pinne, a lancie, a cuori, ora tutte insieme in uno svolìo leggiero i brevi versi, come foglioline di robinie spiccate da una raffica improvvisa. E le foglie s'accartocciano, e stridono radendo terra e scrosciano sotto i passi. L'albero è quasi spennato: resta lassù, che so io? una bella ode, un bel verso, un bel pensiero, una bella parola, rosseggiante come un'ultima pàmpana. Poi più nulla. Lasciatela in pace, quella poesia: un po' di riposo; un po' d'obblio! Il poeta chiede, in carità, di morire e d'esser morto. Fate conto che non ci sia più. Si sta così bene sotto il bianco lenzuolo! (...). Buono era questo Poeta, profondamente. So bene che la bontà (pare impossibile!) ha mala voce, oggidì. Noi pendiamo a credere ch'ella sia una cotal fiacchezza, indeterminatezza, irresolutezza; e ci sentiamo portati a risponder male a chi ci dà questa taccia. Eppure noi proviamo tutti, nel segreto della nostra coscienza, che è più facile il biasimo che la lode, e la vendetta che il perdono. (...) La bontà, insomma, è fortezza. E questo qui, così sereno come critico, così equilibrato come oratore e pensatore, così umile e alto come poeta, era un forte: un forte senza darsene l'aria.": GIOVANNI PASCOLI. Il testo integrale è gratuitamente disponibile all'indirizzo http://www.archive.org/details/poesie00panzgoog (link valido all'aprile 2011. Preghiamo chi riscontrasse anomalie nel funzionamento di darne segnalazione alla redazione del catalogo storico catalogo.storico@zanichelli.it)