LA BIBLIOTECA OPLEPIANA Fuori commercio
OPLEPO - Opificio di Letteratura Potenziale

LA BIBLIOTECA OPLEPIANA

Prima edizione

  • 2005
  • Note: "L'Oplepo è l'Opificio di Letteratura Potenziale, versione italiana dell'Oulipo (Ouvroir de Littérature Potentielle), il laboratorio letterario fondato da Raymond Queneau e François Le Lionnais e del quale fecero parte Italo Calvino e Georges Perec. Tra il 1990 e il 2005 l'Oplepo ha pubblicato ventiquattro plaquettes stampate in 100 esemplari numerati, fuori commercio e riservati ad altrettanti nominativi di cultori di letteratura potenziale. Il volume, con un'introduzione e alcuni testi sulla storia e sulle tematiche del potenziale in generale, e della letteratura à contrainte in particolare, riunisce ventiquattro 'esercizi' originali dell'Oplepo. Testi di: Elena Addòmine, Paolo Albani, Raffaele Aragona, Alessandra Berardi, Giulio Bizzarri, Anna Busetto Vicàri, Ermanno Cavazzoni, Luca Chiti, Domenico D'Oria, Brunella Eruli, Piero Falchetta, Sal Kierkia, Piergiorgio Odifreddi, Totò Radicchio, Edoardo Sanguineti, Maria Sebregondi, Màrius Serra, Aldo Spinelli, Giuseppe Varaldo." Dalla quarta di copertina. "LA SCIENZA APPLICATA ALLA FANTASIA Chi leggendo un titolo come "La Biblioteca Oplepiana" pensasse che l'editore Zanichelli si sia inopinatamente dato alla letteratura fantascientifica anni Sessanta avrebbe certo torto: ma torto solo nel regno, poco letterario, dei Sensi Letterali e del Pane al Pane. L' 'Opificio di Letteratura Potenziale' (da cui l'acronimo Oplepo, da cui l'aggettivo 'oplepiana') non è un'invenzione transgalattica, né ha a che fare con i film in costume del genere peplum, ma in fondo deriva proprio da un'idea anni Sessanta di scienza applicata alla fantasia. L'idea era quella dei francesi dell'Oulipo, con l'incontro nel 1960 tra una letteratura a vocazione matematico-scientifica (rappresentata da Raymond Queneau) e una matematica a vocazione letteraria (rappresentata da François Le Lionnais): ed è un'idea che nel presente volume Edoardo Sanguineti (che dell'italiano Oplepo è attualmente presidente onorario) riassume con una formula: "L'invenzione non è più nel testo, ma nella regola: io devo inventare la regola, il testo vale solo come sua esplicazione". Esempi di regola del gioco: scrivere eliminando una lettera dell'alfabeto, ridurre poesie note alle parole-rima di ogni verso, costruire una macchina per scrivere aforismi. Nell'attività degli oplepiani (almeno i maggiori: Queneau, Perec, Calvino) questa idea valeva come provocazione, spunto sperimentale di laboratorio: nelle loro opere maggiori il testo si prendeva poi la sua brava rivincita sulla regola, deviandone il decorso secondo il proprio personale clinamen. L'esperienza italiana, animata da enigmisti e professori di università più che da scrittori, è nata trent'anni dopo, con intenti dichiaratamente epigonali rispetto all'Oulipo (che nel frattempo era sopravvissuto al proprio decennio d'oro, assestandosi a sua volta su dignitose posizioni di testimonianza). Il volume di Zanichelli raccoglie i lavori dei membri dell'Oplepo finora usciti in plaquettes. Si registrano punte di virtuosismo con il "Canto tenero" di Giuseppe Varaldo (poemetto in 56 endecasillabi rimati, composto tramite una scirada continuata di nomi tratti dalla mitologia) e con le "Forme for me" di Elena Addomine (poesie che si possono leggere sia in italiano che in inglese); e punte di umorismo con gli "slittamenti proverbiali" di Ermanno Cavazzoni, lo scrittore capace di inventare regole che sono a loro volta parodie di regole. Lo slittamento proverbiale, in particolare, legge un romanzo parola per parola e lo traduce in una demente sequenza di proverbi immaginari. Dai Promessi sposi, "promessi" origina: "I promessi a due consorti, non s'illudan, sono già morti"; "sposi" origina: "Sposi bagnati, sposi fortunati"; la prima parola "quel" origina: "Quel che mangia un solo bue, più non basta se son due...". L'inesausta ammirazione dell'Oplepo per i suoi precedenti francesi si esprime nel continuo riferimento a moduli anche editoriali inventati dall'Oulipo. L'Oplepo reinventa l'Oulipo come l'Oulipo reinventava la letteratura. Ciò che può rendere questi giochi interessanti anche per chi non fa parte dell'Oplepo è la possibilità di ispirarsi a essi per trovarne di propri, come esercizio di stile e scuola di scrittura. Nella pratica, l'esempio non pare abbastanza forte per riaffermare l'idea di una letteratura come campo di attività e non come rigurgito di anime belle. Proprio oggi ce ne sarebbe una grande necessità. Se sia Queneau sia Calvino, ognuno a proprio modo, cercavano di sottrarre almeno per il tempo di un gioco la scrittura al dominio mitico dell'Autore, questo feticcio è attualmente venerato tanto dallo star-system letterario quanto dai suoi pretesi antagonisti. STEFANO BARTEZZAGHI, da «la Repubblica Almanacco dei libri», 12 novembre 2005, p.46.