IL PRIMO LATINO Fuori commercio
Valentina Mabilia Paolo Mastandrea

IL PRIMO LATINO

Vocabolario latino italiano italiano latino

Prima edizione

  • 2000
  • Note: Premessa: "Un vocabolario di piccole dimensioni non sopporta lunghi discorsi di presentazione: come per ogni strumento pratico, saranno sufficienti le avvertenze d'uso, o al massimo qualche notizia sui modi con cui è stato costruito e approntato. La scelta dei lemmi è basata sul confronto, assiduo ma critico, con i dizionari esistenti più accreditati ad ogni livello, per cui la complessiva impostazione del lavoro apparirà abbastanza familiare ad occhi esperti. Non c'è di che provare imbarazzo nel rimanere legati a schemi previsti -sino a quando essi dimostrano la loro efficacia: tuttavia questo sussidio intende porsi ad un livello poco frequentato nel panorama dell'offerta editoriale specifica. Quali primi destinatari si immaginano gli studenti più giovani, che affrontando nella scuola lo studio iniziale del latino necessitano di uno strumento di consultazione più leggero (non solo nel peso), più maneggevole (non solo nelle dimensioni), insomma più agile e aggiornato di quelli che possono trovare già in casa o acquistare in libreria ad un prezzo assai diverso. Per il maggior numero degli studenti inesperti di una lingua, l'abbondanza e talora la sovrabbondanza dei lemmi e delle accezioni (magari collegate ad impieghi rarissimi o singolari, propri soltanto di alcuni autori o certe età della letteratura) non si traduce in un effettivo ausilio alla traduzione, anzi ne complica e rallenta la pratica; d'altro lato, il latino dei libri di 'esercizi e versioni' appare piuttosto una lingua ripetitiva, talora normalizzata, di rado contraddistinta da singolarità di uso verbale o stilistico. Anche per questo le pagine di questo volume evidenziano in grigio le parole latine a maggiore indice di frequenza, così da richiamare subito l'attenzione del consultatore su quei 1600 termini che, con le loro occorrenze, corrispondono a quasi il 90% del totale delle voci comprese in un tipico testo di prosa classica (...). Ciononostante, abbiamo sentito il dovere di conservare e curare soprattutto la varietà lessicale ancor più della fraseologia, nella convinzione che il vocabolario latino, stando alle spalle di quello italiano, ne costituisca una preziosa riserva culturale: nel rifiuto delle generalizzate piattezze, essa va oggi tutelata ad ogni costo, quale retaggio di una civiltà insuperata e di un passato inimitabile, a favore della maggiore consapevolezza dei singoli parlanti -e primamente dei giovani. Analoghe considerazioni potrebbero orientare quella parte di pubblico coltivato e curioso che, pure senza motivi professionali, desideri un minimo di assistenza per mantenere con il latino dei rapporti di affinità e spontanea simpatia, privi di ogni ansia e disagio. Allo scopo di agevolare poi anche i lettori dei molti testi, antichi ma non 'classici', divulgati in misura crescente da edizioni tascabili bilingui, si è cercato di portare costante attenzione agli aspetti diacronici ed evolutivi di una lingua che, nell'arco di tempo compreso fra Ennio e Boezio, fu scritta (e parlata) per un periodo lungo quanto i secoli che separano noi stessi da Dante Alighieri; precise sigle di abbreviazione indicano quindi i termini o gli usi legati a stratificazioni temporali (dall'epoca arcaica al periodo postclassico) o a particolari ambiti tecnici (lingua agricola, giuridica, militare, ecclesiastica, ecc.). Un punto di distacco appariscente rispetto alla grafica di quasi tutti i vocabolari tradizionali sta nella scelta di rinunciare ai simboli convenzionali della quantità, che nel caso della penultima sillaba determina in latino la posizione dell'accento di parola: lunghe e brevi sono così state soppresse a favore di comuni e indistinti segni di accentazione sopra la vocale della terzultima: resta inteso che la parola senza segni è piana, mentre la comparsa di segni in altre sedi (ultima o penultima) indicherà rispettivamente i casi di 'ossitonia secondaria' (piuttosto rari, del tipo illìc, adhùc, Quirìs, Maecenàs) oppure di possibili, fuorvianti condizionamenti dell'accentazione italiana in parole identiche o molto simili (collabòro, persevèro, exìlis, resìna ). Grazie ad una procedura elettronica semiautomatica e specificamente predisposta, la sezione italiana del vocabolario è stata impostata su liste prodotte dalla inversione degli elenchi dei lemmi dal latino (fatta salva la necessaria esclusione delle accezioni legate ad impieghi stilistici personali, usi particolari all'interno dei generi elevati, metafore troppo spinte, ecc. ); oltre che la necessaria coesione dello strumento lessicografico nel suo complesso, ciò dovrebbe offrire garanzia di una certa 'attualità' delle voci secondo l'italiano oggi in uso, e quindi la migliore comprensione del senso delle parole di entrambe le lingue. V. M. e P. M.