CHIMICA GENERALE Fuori commercio
Peter William Atkins

CHIMICA GENERALE

Prima edizione

  • 1992
  • Note: "Testo di notevole mole, anche se alleggerito dalle numerose illustrazioni e di veste ariosa: 910 pagine escluse le due appendici, l'indice etc. Suddiviso in cinque parti e 24 capitoli, dei quali 5 dedicati alla chimica inorganica (uno dei cinque alla chimica nucleare) e due all'organica. Corredato di oltre 240 esempi svolti (evidenziati dal corpo minore e da un filo verticale in verde) e più di 1900 esercizi (soluzioni dei numeri dispari in fondo al testo). Ogni capitolo presenta un riepilogo per blocchi concettuali. Il glossario, al termine, è qualcosa di più di un comune glossario, perché riporta definizioni e procedimenti essenziali, leggi, relazioni etc. Le illustrazioni sono di due tipi: immagini dal vero di ottima esecuzione ma piuttosto scure, anche per la scelta dello sfondo, generalmente di colore troppo freddo; immagini schematiche e diagrammi, alcuni nello stile già adottato dall'Autore per la "Chimica Fisica" e per la 'Seconda Legge'. Qui in policromia, con uso saggio ed efficace del colore. La qualità dei diagrammi e degli schemi è generalmente elevata e didatticamente efficace. Dal punto di vista dell'organizzazione della materia, il testo si distingue per il fatto di proporre inizialmente la chimica empirica, dei fenomeni, cioè, rinviando i modelli ad un tempo successivo e riducendoli all'essenziale. È una scelta che contraddice la consuetudine invalsa nelle nostre Università, almeno dai tempi del 'Pauling'. In Italia c'è un solo esempio di programma ispirato a questo principio (la chimica fisica del progetto Deuterio) e, sperabilmente, nel caso in cui la chimica sia accettata nell'area degli insegnamenti comuni del nuovo biennio, si aggiungerà un secondo esempio, non casualmente. I chimici universitari muovono sempre, sciaguratamente, dalla struttura atomica, presentata attraverso il modello meno utile didatticamente (quello orbitalico). Ciò potrebbe comunque creare qualche difficoltà. Una serie di temi vengono riproposti ciclicamente a livello crescente di impegno, tipicamente gli acidi e le basi e l'equilibrio. Perfettamente condivisibile, in particolare, la scelta di proporre la costante di equilibrio in termini puramente analitici, evitando l'equivoco derivante dalla commistione con argomenti cinetici. (...) Ottima anche la decisione di presentare legami e geometria molecolare dal punto di vista di Lewis (coppia elettronica) e della teoria VSEPR (altra coincidenza con le linee Deuterio), riducendo al minimo l'impatto con la teoria orbitalica e facendola camminare comunque sulle gambe, anziché a testa in giù come fanno molti altri testi in circolazione. Opportune alcune precisazioni circa il fatto (generalmente ignorato) che gli orbitali servono a razionalizzare le osservazioni sperimentali, e non a prevederle. Mi pare di poter ricavare da certe allusioni che l'Autore non ha letto la recente chimica generale di Gillespie, che in fatto di geometria degli alcheni chiarisce parecchie cose. La termodinamica viene introdotta precocemente, con parecchi spunti di calcolo quantitativo. Ciò potrebbe favorire la penetrazione del testo soprattutto nelle facoltà di ingegneria. Compressa, invece, la chimica organica, dal punto di vista dello spazio assegnatole, ma non da quello della materia trattata. A questo proposito, però, tanto vale fare un discorso di ordine generale, che può essere il seguente. Il testo si muove a metà, per quanto riguarda i contenuti, fra un libro di chimica generale e uno di chimica fisica. Voglio dire che molti dei temi affrontati sarebbero più tipici di un corso di chimica fisica, piuttosto che di uno di chimica generale. Viceversa il taglio non è neppure, per certi aspetti, quello di un testo generale di livello accademico, perché, mentre la quantità dell'informazione porta è stupefacente, grazie anche all'estrema concisione della presentazione, l'approfondimento, sul terreno speculativo, se non proprio povero è molto contenuto. La mia impressione è che l'Autore abbia fatto un lavoro mirato alla situazione statunitense (e forse canadese), giacché un universitario inglese che abbia superato l'A Level in Gran Bretagna non progredirebbe troppo studiando su un testo simile. Da noi sarebbe una manna dal cielo se ingegneri, naturalisti, biologi etc. studiassero su testi come l'Atkins, piuttosto che lambiccarsi il cervello su quelli oggi correnti in Italia, per poi uscire incapaci di tenere in mano una provetta o risolvere un problema e un esercizio numerico. Il mio personale parere è che il testo meriti di essere pubblicato e diffuso, non tanto nelle facoltà e nei corsi di chimica (dove si studia a livello concettuale più alto) quanto nei corsi che comprendono la chimica come propedeutica ad altre materie professionali o come cultura generale (...). L'Inglese di Atkins è discorsivo, ma brillante e talvolta eccentrico, sicché una traduzione piatta ucciderebbe il testo. Basta leggere un periodo come il primo di pag. 313 per rendersi conto che una sintassi come quella può renderla solo chi conosce profondamente l'inglese, non solo l'italiano e la chimica." MANLIO GUARDO, parere sul testo, Bologna, 1 marzo 1989. Traduzione di: Liguri Gianfranco, Nassi Paolo, Stefani Massimo, Taddei Niccolò Titolo originale dell'opera: General Chemistry W. H. Freeman and Company, New York, 1989