CASTELLI DI CARTE Fuori commercio
Federico Enriques

CASTELLI DI CARTE

Zanichelli 1959-2009: una storia

Prima edizione

  • 2008
  • Note: Ed. Il Mulino Bologna, dicembre 2008, collana "Storie di imprese". Quarta di copertina: "Zanichelli ha nell'editoria italiana un ruolo, se non unico, certo diverso dalla maggior parte degli altri editori. La concentrazione, crescente negli anni, su libri di testo al servizio di una didattica più moderna, la specializzazione nelle opere lessicografiche, l'enfasi sulla cultura scientifica di base e, su altri piani, una struttura proprietaria rimasta famigliare sono caratteristiche che, almeno tutte insieme, non hanno altri. Questo libro racconta gli ultimi cinquant'anni della casa bolognese. Non solo l'oggetto lo distingue dalla maggior parte delle storie dell'editoria. Non è infatti consueta la storia scritta dall'interno e l'attenzione, oltre che alle opere, alle persone, alle tecniche, all'organizzazione, insomma a quanto succede dietro le quinte: un po' storia di un'azienda, un po' foto di gruppo di amici al lavoro, un po' verbale di ciò che avviene nel cortile di casa (editrice). Federico Enriques, dopo le svagatezze giovanili (direttore del giornale studentesco «La Zanzara», presidente dell'Unione goliardica bolognese, assistente volontario di Pietro Rescigno all'Università di Bologna), è entrato nell'azienda di famiglia nel 1965. L'ha diretta dal 1970 al 2006, ricoprendo anche cariche nella Associazione Italiana Editori. È stato Senatore del gruppo del Partito Democratico dal 2006 al 2008. Oggi, come Amministratore delegato della Zanichelli, fa l'ex-direttore. Se il direttore di un'azienda fa quello che non sanno fare gli altri, allora l'ex-direttore fa quello che gli altri non vogliono fare (poco, per fortuna, in questo caso)." Prefazione: "Ho lavorato alla casa editrice Zanichelli dal 1960 al 2006. Non mi è mai piaciuto definirmi «editore», soprattutto perché non mi era chiaro che cosa fosse, o facesse, un editore. L'ho capito dopo più di quarant'anni di lavoro. E l'ho capito, come spesso succede, guardando le cose dal di fuori, non dal di dentro. Con un gruppo di amici mi sono impegnato, quasi dieci anni fa, nell'attività politica cittadina per il ritorno della sinistra al governo locale. Dopo la vittoria elettorale un signore molto più anziano di me, che non conoscevo, guardando nella mia direzione sorrise e disse «Anche merito suo». Mi voltai per vedere in faccia la persona a cui si rivolgeva, evidentemente alle mie spalle. Non c'era nessuno. Pensai a uno scherzo dell'età (sua). Qualche giorno dopo mi fece lo stesso discorso una persona conosciuta, che io stimavo molto, aliena per carattere dalla piaggeria e certamente lucidissima. Ci pensai sopra: mi sembrava di non aver fatto quasi nulla, salvo convincere altri, molti altri, a «fare» delle cose. Fu un'illuminazione. Capii che quello era stato il mio «lavoro» (senza virgolette, forse), per più di quarant'anni: non fare direttamente, ma convincere altri a fare. Questo è il compito, forse il lavoro, dell'editore. E nel preparare questo libro mi sono attenuto alla stessa regola: ho chiesto la collaborazione a molte persone della - o vicine alla - Casa editrice. Loro è gran parte del lavoro effettivo, mio lo stimolo. Queste pagine sono una testimonianza di vita aziendale, con l'avvertenza che è il testimone che fa anche le domande. Ho avuto ben presente, peraltro, il confine invalicabile fra reticenza e menzogna. La dedica e il titolo. È alla fine di un libro che di solito si fanno le dediche e, più raramente, si sceglie il titolo: scrivendo questo libro mi sono reso conto di quanto devo a mio padre, che ci ha lasciati nel 1990, tanti anni fa, e ad Umberto Tasca, che se n'è andato pochi giorni or sono. Dal primo (così come da Delfino Insolera) ho imparato molto soprattutto all'inizio della mia storia professionale; dal secondo alla fine: è stato Umberto che mi ha fatto capire, col suo esempio, che bisogna lasciare la guida di un'istituzione non in funzione di sé stessi, ma degli altri, che succedono, e dell'istituzione. Fino a qualche settimana fa avevo in mente un titolo diverso:"Via Irnerio 34/28". Evocava un luogo, la sede della Casa editrice, e la sua evoluzione: il primo edificio al civico 34 e la più moderna espansione al 28. Ricalcava il titolo di un libro di memorie di mio padre, "Via D'Azeglio 57": ma c'era voluta una osservazione di Ugo Berti, editor di questo libro, per farmelo capire. In qualche maniera metteva in gioco anche un altro episodio di questa storia: Irnerio è anche un personaggio di "Se una notte d'inverno un viaggiatore...", il romanzo che Italo Calvino scrisse poco dopo l'antologia "La lettura", pubblicata dalla Zanichelli. Forse è un caso, ma Irnerio non leggeva mai i libri: li trasformava in oggetti (ma oggetti che erano opere d'arte). Ho discusso fino alla fine queste pagine con Umberto Tasca; la malattia gli ha impedito di scrivere il capitolo sulla grafica. Ha seguito questo libro anche come redattore, riservandogli, né più né meno, l'intelligenza, la cura e l'attenzione che dedicava agli altri libri che ha seguito: non avrei potuto chiedergli di più. Umberto mi ha dato anche molti consigli per le fotografie, mostrandomi tra le altre quella di copertina. Negli stessi giorni due decreti del governo (se ne parla al par. 6.4) hanno scosso il mondo dell'editoria scolastica rischiando di alterarne, fino al crollo, gli equilibri. Tutto quanto fatto in cinquant'anni (oltre ai precedenti) potrebbe essere travolto da un soffio esterno, come un castello fatto con le carte da gioco. Titolo e immagine mi sono sembrati una buona rappresentazione della realtà. Ho così seguito un insegnamento di Umberto, che spesso ho avuto difficoltà a capire: che talvolta è il testo che deve piegarsi a una buona illustrazione. La repubblica dei libri di testo ha poche gerarchie, e non certo quella fra parola e immagine. Bologna, ottobre 2008"
    Vai al documento completo, scaricabile gratuitamente: https://www.zanichelli.it/chi-siamo/castelli-di-carte