A Giosue Carducci Fuori commercio
Giuseppe Albini Giuseppe Brini

A Giosue Carducci

nella solenne commemorazione dell'anno trentesimoquinto del suo insegnamento in questa Università. Bologna XXI febbraio MDCCCLXXXXVI

  • 1896
  • Note: In 8°, pp. 27. Fu pubblicata anche un'edizione di lusso, in carta a mano. Contiene alcuni epigrammi romani dell'Albini e una traduzione dal persiano del Rugarli: "(...) In dieci anni da che lasciai la sua scuola, molte cose vedo e sento cangiate; ma tra le salde e immutabili serbo l'affettuosa ammirazione per il suo insegnamento, viva e grande oggi, come ragionevole e serena sempre. - Con riverenza ripenso quella norma austera di rettitudine, per cui Ella non tollerava che gli alunni di filologia scapestrassero per campi troppo vasti, prima d'aver corroborate le forze, né si avvezzassero sentenziosi a cuor leggiero, o si accostassero in nulla alle improvvisazioni del presuntuoso dilettantismo. Alto insegnava che ogni impostura è turpe, come nell'uso della vita, così nella professione delle lettere. E secondo l'indirizzo moderno, dotto e cercatore, degli studi avviava e invigilava l'operosità e le attitudini degli scolari. A quella onestà profonda a questo metodo rigoroso s'informava sempre il suo insegnamento. - Ma su tutto poi spirava e splendeva, ed era vita della scuola, l'eleganza dell'anima sua: con la sicurezza del gusto, col senso della misura, con la scienza e l'amore della miglior tradizione italiana e degli esempi antichi. (...). - Rammento una sera d'inverno. Ella aveva lungamente a parte a parte illustrata la canzone della "Vita Nuova" "Donna pietosa e di novella etade", e alla fine, ritto in piedi sotto una delle lampade fioche, la rileggeva di séguito tutta. La musica intima e casta del giovine verso italiano sgorgava lenta e armoniosa, e la poesia, come sempre innanzi a chi degno le si accosti, sorgeva viva e profonda. Come più avanzava la lettura, e più sempre nel suo viso, o maestro, ne' tuoi occhi, o poeta, si diffondeva e brillava la buona e sincera commozione: nella maschia voce era un tremito giungendo al verso "Voi mi chiamaste allor, vostra mercede". - Non una parola più: la lezione era finita. (...)": GIUSEPPE ALBINI. "(...) Né Le sia discaro se Le presento sotto umile veste un canto battagliero di un poeta persiano, sdegnoso del modo semplice, e per dir così, tutto omerico di Firdusi e lieto invece di modi reboanti e, talvolta, grotteschi e barocchi: Le dono quanto il mio uffizio e i miei studi m'hanno potuto concedere in un breve lasso di tempo. (...)": VITTORIO RUGARLI. Il 'canto' offerto al Carducci fa parte del "Libro di Ghershasp, poema di Asadi", composto tra il 1063 e il 1065 d.C., tradotto per la prima volta in una lingua dell'occidente dal Rugarli. - Il brano è intitolato: "La battaglia di Tevurgh con Serend".