Nei regni della gastronomia Fuori commercio
Augusto Majani

Nei regni della gastronomia

Spigolature storiche e considerazioni... filosofiche di un malnutrito

  • 1925
  • Note: In 16°, pp. 69, con 40 illustrazioni e 10 tavole f. t. In copertina e frontespizio: "Nasica". Il libro è dedicato "Alla Società di Mutuo Soccorso e Collocamento fra i Cuochi in Bologna, che valorosamente mantiene viva ed integra la tradizione gastronomica petroniana, il cuoco onorario Nasica". "Illustre Signor Editore, un pittore che, stanco di fare delle brutte figure col pennello, si accinge a farne anche colla penna, dà prova di una tale tenacia di propositi da meritarsi il rispetto, per non dire, l'ammirazione, del proprio simile. - E poiché quel pittore dotato di tanta tenacia sono proprio io, non dubito che sia per mancare anche a me il rispetto o, addirittura, l'ammirazione Vostra; per cui spero vorrete senz'altro dare alle stampe questo mio studio sull'Arte gastronomica. Se poi volete sapere perché, pur essendomi proposto di fare una nuova brutta figura, mi sono indotto a ficcare il naso in un argomento che non ha affinità con la mia professione, e se volete anche osservarmi che la storia dell'Arte culinaria non è pane per i denti di un pittore (tanto meno poi se tale pittore studioso dell'Arte del mangiare non è, come vedete, il ritratto vivente della fame) allora vi farò alla mia volta osservare che ciò si spiega benissimo. - Chi a lungo e con ardore ha invano desiderato una cosa, di quella cosa stessa sempre più egli vive con intensità, di essa è sopratutto occupata la sua mente. Invece quando un nostro ideale è interamente raggiunto si spegne dentro noi una fiamma, un'energia, una ragione di vita; e poiché per un pittore il benessere rimane quasi sempre un ideale irraggiungibile, ne deriva che, restando per lui un sogno irrealizzabile anche il piacere della mensa... che non provò e non proverà mai. - E perché io appartengo a quella numerosa schiera di artisti cui l'Arte diede ben poco nutrimento, abbandonata la speranza di raggiungere alla mia età il benessere materiale, che spesso si risolve in una bella faccia tonda e relativa rispettiva trippa, ho trovato un conforto alle mie disillusioni... gastronomiche occupandomi dello studio della Storia della Gastronomia (...). - Per risparmiarvi poi la fatica di leggere il mio manoscritto vi darò qui il menu degli intingoli e pasticci... parole che ho cucinate per i lettori. - Prima di tutto l'enumerazione di alcune profonde osservazioni e riflessioni di scrittori e pensatori sulla Cucina e sulla Tavola: poi altre riflessioni più o meno filosofiche che io ho avuto l'ardire di fare, pur avendo la mente - come il corpo - tanto malnutrita. - Seguirà poi la storia delle diverse maniere colle quali vennero preparati i pasti dei nostri remotissimi antenati, quindi quella della Cucina e della Mensa dei popoli di tutte le civiltà e... inciviltà. - Sarà una specie di viaggio... purtroppo non sperimentale, ma semplicemente sentimentale nei Regni della Gastronomia. - Ed ora, illustre Signor Editore, dopo aver fatto la mia parte di cuoco servite voi il mio pasticcio al pubblico, al quale auguro una buona digestione.": NASICA (AUGUSTO MAJANI). "(...) I vini emiliani non hanno soltanto la forza di togliere la medesima alle gambe... e al cervello di chi si lascia troppo vincere dal loro delizioso sapore e vigore; hanno invece qualche volta anche il merito di aver dato vigore a dei cervelli, di avere cioè ispirato la Musa di parecchi dei nostri maggiori poeti contemporanei. - Tutti sanno che Stecchetti, Pascoli, Severino Ferrari e Carducci non vollero nascondere la loro accentuata tendenza alle libazioni, in particolar modo di quei generosi vini di cui va superba l'Emilia; alcun d'essi ne celebrò i pregi nei canti, ed ognun d'essi dovette a tali vini non solo momenti d'obblio delle proprie pene ma parecchie volte quella sovraeccitazione necessaria a certi temperamenti artistici, per creare l'opera d'arte. - Essi amavano molto la compagnia degli amici che si radunavano ogni sera in qualche buvette e furono anche molto amanti della mensa. Ed io, che al loro confronto ero e sono così umile cosa, devo a questi loro amori, che li rendeva socievoli, la fortuna di averli qualche volta avvicinati. - E devo all'istituzione dei lieti simposi la fortuna massima e l'altissimo onore di essermi seduto ad una mensa avendo di fronte i due maggiori poeti del nostro tempo, Carducci e D'Annunzio. - (...) Gabriele D'Annunzio, che il 10 aprile 1910 al Teatro Comunale di Bologna, prima della lettura della "Canzone di Garibaldi", aveva parlato di Carducci -come del suo maggior maestro- manifestò all'amico dottor Cervi il desiderio di far visita al vecchio poeta, col quale solo molti anni prima si era incontrato a Roma, nella redazione della «Cronaca Bizantina». E l'amico accettò di essere l'intermediario. (...). - Il mattino del giorno 11 i due grandi italiani si trovarono in cordiale colloquio: luogo del ritrovo lo studio del Maestro. - Era stato anche precedentemente concordato che si sarebbero di nuovo incontrati per una colazione, ma non in un pubblico esercizio né in casa privata, e poiché entrambi contavano vecchi amici fra i redattori del «Resto del Carlino», venne scelto il locale di redazione del giornale stesso quale sede del convito. - (...) Non dimenticherò mai l'emozione provata in quelle due ore di contatto con i due grandi (...). - Il piccolo ma poderoso Maremmano aveva tozzo il corpo, le mosse a scatti e a volte impacciate; la testa grossa con folta ed incomposta capigliatura leonina; l'occhio piccolo, vivacissimo, spesso accigliato e qualche volta di espressione tanto strana da apparire torva; il naso corto, forte e lievemente rincagnato; bocca piccola e sprezzante; poche e ponderate le frasi, senza fronzoli; voce qualche volta aspra. Mi sembrò inoltre, che mangiasse con un po' di soggezione, mentre aveva il tovagliolo fermato confidenzialmente al colletto. - A tutto ciò faceva grande contrasto il piccolo ed agile corpo dell'Abruzzese, dalle movenze eleganti e studiate la testa, calva e lucida, come la solita palla da bigliardo; l'occhio grande, sporgente e la pupilla a metà coperta dalla grande palpebra un po' cascante; il naso marcato e dritto alla greca; la bocca carnosa sorridente sempre; le frasi abbondanti ma lente, cadenzate, carezzevoli, dolci, qualche volta addirittura melliflue. E mangiava elegantemente con signorile indifferenza.": AUGUSTO MAJANI.