Il segreto della Croce e dell'Aquila nella "Divina Commedia" Fuori commercio
Luigi Valli

Il segreto della Croce e dell'Aquila nella "Divina Commedia"

  • 1922
  • Note: In 16°, pp. XX-342. Dalla Prefazione: "(...) Questo, in mezzo ad altre mirabili cose, vide Giovanni Pascoli. E vide che nel Poema Sacro la figura e l'idea dell'Aquila imperiale si innalza fin quasi al livello della Croce di Cristo, cooperando con essa alla umana redenzione. Vide che l'attesa profetica del Veltro, restauratore dell'Impero, è come l'attesa di un battesimo nuovo che deve completamente liberare gli uomini dagli effetti del peccato originale che si sono in certo modo rinnovati. Vide che il dramma della Divina Commedia è nel congiungersi di Dante e di Virgilio, le due umanità delle quali l'una, l'antica, ebbe l'Impero e non ebbe il Cristo, ebbe l'Aquila e non la Croce, l'altra, rappresentata da Dante, ha il Cristo e il Papato, ma non ha l'Impero. Le due umanità, ambedue a mezzo redente, e quindi ambedue ancora smarrite nella 'selva', si ricongiungono e, unite, giungono alla felicità e all'innocenza: al Paradiso terrestre. - E vide ancora, il Pascoli, che non a caso Dante, tra gli innumerevoli viatori del mondo di là, scelse per paragonarsi ad essi, proprio Enea e Paolo, Enea l'instauratore dell'Impero e Paolo l'apostolo di Cristo. Egli dubitava di sé sul principio dicendo: "Io non Enea, io non Paolo sono", ma apprendeva di avere in sé qualche cosa di Enea, qualche cosa di Paolo e imprendeva il viaggio del mondo di là per annunziare agli uomini la nuova santa armonia della Chiesa di Paolo e dell'Impero di Enea. - Ma anche sulle mirabili scoperte del Pascoli cadde l'oblio. Peggio che l'oblio, la derisione e lo scherno. - Pochissimi avemmo fede in lui. Fummo un piccolo gruppo non curato e spesso ancora deriso. - Era da molto tempo nell'animo mio il voto di rivendicare nella memoria degli uomini gli studi danteschi del Pascoli per i quali egli tanto operò e sofferse, quelli dai quali attendeva la gloria e non ebbe che amarezza e che aveva lasciato nel mondo riaffermando con voce soffocata dall'angoscia, ma piena di fede, che in essi era una grande verità e che gli uomini l'avrebbero un giorno, dopo la sua morte, riconosciuta. (...)": LUIGI VALLI.