IL MECCANISMO DELL'EREDITÀ Fuori commercio
Franklin W Stahl

IL MECCANISMO DELL'EREDITÀ

Prima edizione

  • 1972
  • Note: Presentazione di Franco Graziosi. Grafica di Anna Maria Zamboni. "L'edizione originale di quest'opera fa parte della "Foundations of Modern Genetics Series". La traduzione è stata eseguita sulla II edizione originale (1969; I ed., 1964)." PRESENTAZIONE * "Ho meno di 40 anni, sono stato a lungo considerato un giovane turco, apprezzo il dr. Stranamore, non mi offendo degli scherzi sulla religione e sulla mamma, e una volta un editore noto per la sua spregiudicatezza mi ha restituito un manoscritto perché troppo irriguardoso. Nessuno mi ha mai accusato di essere un pallone gonfiato. Cionondimeno mi sento offeso dal libro di Stahl. ... Stahl guarda alla genetica non con la prospettiva del 1964 ma con quella del 2064, quando gli uomini considereranno l'età dell'oro degli anni 1960 come oggi noi parliamo del Cinquecento. Questo stile pseudo-storico dimostra bene che, se pure altri libri sostituiranno gli attuali, quello di Stahl ha la pretesa di essere scritto per i secoli. È un nuovo testamento in cui la replicazione semiconservativa prende il posto del miracolo del pane e dei pesci." * * Critiche tanto aspre su autorevoli organi della stampa scientifica dimostrano che questo libro, apparentemente modesto nelle dimensioni, nello stile, ha colpito l'opinione scientifica in un punto delicato. Il nostro ambiente non ha registrato reazioni visibili e la edizione italiana, seppure in ritardo, servirà a fornire a molti nostri biologi e agli studenti un testo molto originale per impostazione, per contenuto e per vigore polemico. Di che si tratta dunque? Come mai qualcuno addirittura si offende ed offende? Perché in questa occasione non ha funzionato quel discreto diaframma di tolleranza tipico nel mondo accademico? Eppure qui non si parla di politica o di problemi etici, suscettibili di provocare reazioni violente; si parla di acido deossiribonucleico (DNA), di virus e di batteri, in un linguaggio didattico sia pure condito di innocenti espressioni di gergo. A chiarire la cosa servirà forse un breve aneddoto. Quando, l'estate scorsa, mi recai ad Eugene (Oregon) dove lavorano Frank Stahl ed altri valenti biologi molecolari, ho appreso che uno studente aveva scritto con la vernice, ed in modo assai visibile, sul tetto di un bulldozer, qualcosa come: "Le mosche sono finite". Il bulldozer, adibito a lavori di scavo, andava su e giù sotto le finestre del vicino Istituto di Genetica suscitando il dispetto dei genetisti che lavorano sui moscerini del vino (Drosophila) e su altri materiali classici da esperimento. Tra questo episodio e l'impostazione del libro di F. Stahl vi è una evidente parentela: l'esplosione della biologia molecolare, la possibilità di esprimere in precise strutture chimiche il materiale genetico ed il suo funzionamento ha ridimensionato certi studi di genetica in cui l'approccio formale ed i materiali sperimentali, poco adatti ai nuovi problemi, ne rendono evidente il carattere odierno di esercizio accademico poco emozionante e poco produttivo. Abbiamo assistito insomma, in un breve volgere di anni, ad un grosso cambiamento nella impostazione teorica e nella metodologia della genetica, ovvero del nucleo centrale della biologia, dove si discute non di organismi o di funzioni particolari, ma del piano generale di struttura e di funzionamento di tutti gli esseri viventi. Questo cambiamento è avvenuto attraverso l'adozione di nuovi più adatti materiali da esperimento, come i batteri e i virus, mentre gli organismi superiori, tra i quali la Drosophila, sono ormai inadeguati perché presentano troppo grandi complessità di struttura e di funzioni. Ad esempio Stahl (con comprensibile dispetto di alcuni) afferma a proposito di alcune proteine presenti nei cromosomi che "la loro sola funzione conosciuta è quella di fornire un ulteriore grado di libertà a quelli che teorizzano sulla struttura dei cromosomi a livello molecolare". Mantenendo un atteggiamento più sereno si può dire che il contributo della genetica classica alla nuova biologia è molto grande in termini di tradizione, ma è ormai ben scarso in termini sperimentali. F. Stahl è un giovane scienziato che ha dato contributi personali di grande valore allo sviluppo della genetica; insieme con Meselson ha dimostrato il carattere semiconservativo del meccanismo di replicazione del DNA ed ha partecipato attivamente all'avventura intellettuale di quelli che hanno visto l'analisi genetica trasformarsi in un metodo quanto altri mai raffinato per lo studio di ben definite macromolecole, e che, attraverso la elaborazione di adatte tecniche microbiologiche e di schemi teorici adeguati, sono riusciti ad applicare su grande scala l'analisi genetica formale ai virus e ai batteri, adottando una definizione operativa del gene (cistrone, gruppo di complementazione) straordinariamente adatta per essere utilizzata in un approccio combinato di tecniche genetiche, biochimiche e biofisiche. Il valore del libro di Stahl sta proprio in questa personalità, in questa eccezionale esperienza dell'autore. Anche i detrattori hanno dovuto almeno ap-prezzare e riconoscere il valore notevolissimo degli esercizi proposti da Stahl alla fine di ogni capitolo, che rappresentano una collezione originale di temi teorici e sperimentali di grande utilità per un insegnamento efficace della genetica molecolare a studenti e specialisti. Ma il libro ha un valore assai maggiore e i difetti che gli sono rimproverati sono proprio la conseguenza di una grande coerenza di contenuto e di forma. I trattati di genetica illustrano l'eredità descrivendo i risultati di Mendel e le applicazioni via via più complesse delle tecniche di incrocio in organismi modello come la Drosophila e pochi altri; si tratta della presentazione di un corpo di conoscenze altamente coerente, dal quale sono derivati il concetto di gene, la localizzazione dei geni nei cromosomi e la possibilità di studiare la topografia del materiale genetico. Tuttavia l'origine della genetica molecolare non va cercata in una rigorosa estensione logica di queste conoscenze, ma piuttosto nella batteriologia in cui studiosi affatto lontani dalla genetica e con tutte altre intenzioni, come Griffith, fecero le osservazioni che portarono dei batteriologi medici come Avery e i suoi collaboratori alla scoperta fondamentale che il DNA è responsabile della trasmissione ereditaria nei batteri. Questa nozione proveniva da un ambiente così estraneo alla genetica, che dovettero passare diversi anni prima che la scoperta di Avery venisse riconosciuta in tutta la sua fondamentale importanza ed in tutte le sue conseguenze. Il libro di Stahl comincia proprio di qui: se Mendel ha scoperto la legge dell'assortimento indipendente dei caratteri e, per conseguenza, ha dimostrato la esistenza di ben definite entità genetiche, Avery le ha materializzate e pertanto può essere considerato l'iniziatore della genetica molecolare. Così Stahl inizia il suo libro descrivendo i microorganismi come modello sperimentale della genetica e illustrando gli esperimenti di Griffith e di Avery; seguita logicamente con la struttura del DNA ed il suo meccanismo di replica, con i cambiamenti chimici del DNA che sono alla base del processo di mutazione genica e con l'organizzazione del DNA in cromosomi dai più semplici ai più complicati. Solo a questo punto egli introduce il concetto di ricombinazione e dedica un capitolo alla genetica degli organismi superiori riallacciandosi ap-propriatamente alla origine delle idee e dei metodi che formano la base della analisi genetica formale, per spingerla poi al livello della analisi fine di cro-mosomi elementari formati di una sola molecola di DNA, come quelli del batteriofago T4 e dell'Escherichia coli. Il capitolo finale riguarda l'analisi genetica degli organismi diploidi, con una completa inversione del metodo espositivo dei trattati tradizionali. Questa inversione è invero del tutto giustificata, anche se può essere fonte di irrita-zione per studiosi di formazione tradizionale. Se è vero che le osservazioni e gli studi condotti sugli organismi superiori hanno inevitabilmente costituito il punto di partenza della genetica, è anche vero che questi organismi oggi ci appaiono come il prodotto finale assai complicato di un lungo processo evolutivo, le cui proprietà possono essere meglio comprese passando attraverso la descrizione di fenomeni elementari presenti e studiabili negli organismi più semplici. Il rigore logico di questo tipo originale di esposizione corrisponde ad una maggiore efficacia didattica, inseparabile da una spregiudicata visione dei fatti nel loro contesto obbiettivo, indipendentemente dalla tradizione e dalle glorie del passato, perché il progresso delle conoscenze segue difficilmente le vie della logica, ma piuttosto quelle delle possibilità concrete, delle tecnologie disponibili e delle inclinazioni umane. I1 lettore italiano difficilmente potrà apprezzare e giudicare di persona le espressioni di gergo e le intemperanze, alcune di gusto dubbio, che qua e là affiorano nel testo. In realtà la loro traduzione in italiano non è facile e per di più l'atteggiamento di Stahl ha la sua radice anche nella maggiore spregiudicatezza del mondo scientifico americano, del quale il nostro pubblico raramente ha un'esperienza diretta. Chi conosce di persona Frank Stahl capisce facilmente l'origine del suo modo di esprimersi, bonario e irriguardoso. Si può anche pensare che l'aver versato sulla carta stampata una certa dose di maliziose intemperanze verbali si origini dalla necessità psicologica di sottolineare col linguaggio un atteggiamento di rottura nei confronti di schemi accademici tanto più rigidi e poco inclini ad accettare il loro inevitabile declino, quanto più rispettabili e rispettati. A proposito del declino degli schemi e delle tradizioni anche più rispettabili vorrei aggiungere qualcosa per ridimensionare certi facili entusiasmi con una nota di moderazione, se non proprio di pessimismo. Nella sua introduzione all'opera "Embriologia e genetica", che risale all'ormai lontano 1933, Thomas Hunt Morgan così si esprimeva: "La storia della genetica si trova così intimamente unita a quella della embriologia sperimentale, che le due discipline risultano in una certa misura unite. È vero che mancano ancora importanti punti di contatto, ma se ne sa già abbastanza per tentare di fonderle". Nella prefazione dello stesso libro Morgan addirittura affermava: "I rapporti esistenti tra queste due branche sperimentali della biologia sono diventati oggetto del più alto interesse ed io ho cercato di precisarli in modo semplice nelle pagine che seguono. Che molto resti da fare è più che evidente, ma i risultati fornitici finora dalla genetica e dalla embriologia sperimentale ci danno la garanzia di larghi progressi futuri". Morgan fu dunque un pessimo profeta se a più di trenta anni di distanza il problema più importante per la comprensione degli organismi superiori è proprio costituito dai fenomeni dello sviluppo embrionale. Allora si dovette attendere più di trenta anni perché una nuova leva di genetisti affrontasse il mondo allora misterioso dei virus e dei microbi per trovarvi la spiegazione in termini fisici e chimici dei meccanismi della eredità. Credo che dovremo aspettare che una nuova generazione di genetisti si inoltri sul terreno ancor più difficile e misterioso dell'embriologia per carpirvi il segreto del differenziamento e del funzionamento degli organismi superiori. Questa nuova leva ed i suoi modelli sperimentali non sono ancora all'orizzonte e la generazione attuale, che ha sviluppato la genetica molecolare, dovrà probabilmente assistere al suo declino prima che forze giovani rompano con gli schemi attuali e giungano in fondo alla affascinante storia della genetica. Vorrei concludere questa breve presentazione del libro di Stahl tentando una valutazione sul piano della sua utilità dal punto di vista formativo e didattico. È evidente che non si tratta di un trattato di 'Genetica', né di 'Biologia molecolare'. Si tratta di una chiara e coerente monografia sul meccanismo dell'eredità, così come dice il titolo. Gli studenti e i lettori che la studieranno avendo già delle conoscenze, sia pure elementari, di biologia generale, di genetica classica, di fisica e di chimica, troveranno in essa uno strumento utilissimo per comprendere le proprietà fondamentali del materiale genetico e saranno stimolati da idee nuove e lucidamente esposte. Chi volesse sostituirlo ad un normale trattato di genetica non coglierebbe la collocazione storica della sua impostazione. Del resto il libro di Stahl fa parte di una serie di monografie che si integrano vicendevolmente e che nel loro insieme presentano un panorama completo della genetica. In conclusione si tratta di un bellissimo libro, dotato di personalità e che ha uno scopo preciso. Esso va letto con attenzione ed usato per il fine che gli è proprio: illustrare le strutture ed il meccanismo dell'eredità, il che non è poco." FRANCO GRAZIOSI * Questa presentazione al libro di F.W. Stahl fu scritta nel 1967 sulla base del testo della prima edizione americana. La seconda edizione, che ora pubblichiamo in italiano, ha subito numerosi ed importanti cambiamenti che costituiscono l'indispensabile aggiornamento di una scienza in rapida evoluzione e che hanno eliminato dal testo gli eccessi verbali e le annotazioni polemiche che avevano provocato qualche reazione sdegnata. La struttura del libro, profondamente innovatrice, è però rimasta la stessa e ad essa ben si attaglia il commento del prof. Franco Graziosi che darà al lettore italiano un'idea più chiara della collocazione dell'opera di Stahl e dell'atmosfera polemica in cui essa venne pubblicata e venne accolta da alcuni genetisti (N.d.E.). **R.C. Lewontin, "A Molecular Messiah: The New Gospel in Genetics?", Science, 7 Agosto 1964. (...). PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE Solo cinque anni sono passati dalla prima edizione di "La meccanica dell'eredità". Tuttavia, quando i redattori mi hanno suggerito che era giusto fare una radicale revisione, ho accolto con entusiasmo la proposta, perché i recenti sviluppi nel campo della genetica sono stati di tale portata da render necessaria questa rie-dizione. Infatti usando la prima edizione nei diversi corsi all'University of Oregon mi ero reso conto delle varie omissioni che in essa vi erano. Questa nuova edizione si avvale della stessa strategia della prima; dovesse essere altrimenti, ci vorrebbe un altro autore e un altro titolo. Nel contesto della strut-tura, però, sono state apportate modifiche e aggiunte sostanziali. Spero che questi cambiamenti abbiano reso i fatti relativi all'eredità e le idee correnti più acces-sibili e più interessanti per gli studenti di tutti i livelli. R.W. Siegel, Philip E. Hartman e gli studenti di biologia 104, 301 e 320 hanno suggerito dei commenti particolarmente preziosi nella preparazione di questa revisione. F.W.S. Traduzione di: Vanda Tecce Titolo originale dell'opera: The mechanics of inheritance Prentice-Hall, Inc, Englewood Cliffs, N.J., 1969