Enrico Panzacchi Fuori commercio
Ernesto Lamma

Enrico Panzacchi

(16 dicembre 1840 - 5 Ottobre 1904). Ricordi e memorie

  • 1905
  • Note: In 16°, pp. 69. "(...) Il Panzacchi, come poeta, cominciò nel 1870 con un volumetto di versi intitolato "Funeralia", dedicati alla memoria della sorella Margherita; si fece meglio conoscere col "Piccolo Romanziere", il quale ebbe le odi incondizionate del Carducci, e stabilì la sua notorietà, giacché il nome di lui cominciò allora a correre nei salotti e nei ritrovi eleganti, grazie alle note di Francesco Paolo Tosti. Solo nel 1877, in quel periodo memorabile che noi, già sulla quarantina, ricordiamo con una speciale compiacenza, perché ci trasporta alle lotte combattute pro e contro le "Odi Barbare", le "Postuma" e la "Nova polemica", il Panzacchi raggiunse l'apice della notorietà colle "Lyrica", pubblicate dallo Zanichelli. (...) - Il successo del libro fu straordinario: nel fervore della lotta che allora si combatteva fra veristi ed idealisti, la lirica di Enrico Panzacchi parve rappresentare la bella e cara voce della nostra poesia, quale il popolo sente e quale la espressero i migliori lirici dell'ottocento; allora noi, ragazzi, che ci appassionavamo alle lotte tra 'idealisti' e 'veristi' ed attendevamo, come un avvenimento, la pubblicazione del «Fanfulla della Domenica», ci domandavamo se il Panzacchi era da collocare tra i veristi o gli idealisti, ma sentivamo che egli era un continuatore della buona mélica italiana che ispirò, in tempi diversi, il Vittorelli, il Carrer, il Tommaseo. (...) - Si era nel 1882; il Panzacchi era nel fiore degli anni e nella pienezza di tutte le sue facoltà; le sue poesie correvano per tutta l'Italia e non v'era giornale che non avesse l'onore di qualche sua primizia, che egli profondeva da gran signore, non tenendo mai copia delle cose sue. Il Zanichelli pensò poco dopo di raccogliere in due volumi l'edizione definitiva, quasi subito esaurita, delle poesie del Panzacchi. (...) - Chi ha letto il "De oratore" di Cicerone e ricorda quali dovevano essere secondo l'Arpinate le doti, i pregi, le qualità di cui l'oratore deve essere ornato, ed ha udita la parola affascinante del nostro Panzacchi, deve convenire che egli aveva tutte le qualità per essere un perfettissimo oratore. Bello della persona, dotato di una voce potente ma gradevole, misurato nel gesto, ornato nella forma, dottissimo in tutte le discipline letterarie ed artistiche, parco, ma abile ricercatore di effetti, misurato, castigato e persuasivo nell'argomentazione, conoscitore del sensibile, Enrico Panzacchi fu una meraviglia di oratore e tale parve anche quando Bologna e l'Italia davano il primato dell'eloquenza a Marco Minghetti. (...)"